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Tari: in sei anni è aumentata del 68%, e in alcuni casi le imprese la pagano due volte

ROMA – I Comuni fanno pagare la Tari anche su quelle aree dove sono le imprese stesse a dover provvedere
autonomamente allo smaltimento dei rifiuti prodotti, facendosi carico dei relativi costi con il risultato che l’impresa paga al Comune il costo di un servizio che non viene mai erogato. Le tasse sui rifiuti sono aumentate in 6 anni del 68% (3,7 mld in più),ad esempio, a Milano, un magazzino all’ingrosso di ferramenta con superficie complessiva di 200 metri quadri di cui 80 destinati ad area produttiva (aree ove si effettuano lavorazioni o stoccaggio di prodotti finiti o semilavorati), paga oggi una Tari di 1.032,40 Euro. In realtà, l’importo corretto dovrebbe essere di 619,44. L’aggravio per l’impresa è pari a 412,96 euro (+67%).
Emblematici sono anche i casi delle aree espositive, tipicamente di grandi dimensioni ma con una ridottissima produzione dei rifiuti: basti pensare ai mobilifici o agli spazi espositivi dei concessionari di automobili, ove la reale area produttiva di rifiuti, rappresenta mediamente solo il 15% della superficie totale.
Altro esempio gli alberghi, generalmente soggetti a coefficienti fortemente squilibrati rispetto al potenziale
produttivo di rifiuti. A rilevarlo anche una sentenza del Tar della Puglia (sentenza n. 570 del 12 marzo 2013) che ha
affermato la sproporzione tra la tariffa stabilita dal Comune di Brindisi per gli esercizi alberghieri con ristorazione (11,13 a mq) o senza ristorazione (8,90 a mq) e la tariffa stabilita per le abitazioni (2,43 a mq), in violazione del principio europeo chi inquina paga. Nel caso di specie l’albergo, con una superficie di circa 1.000 mq, pagava una tassa di 8.941 euro quando, in applicazione della sentenza, avrebbe dovuto pagarne 4.492 euro.

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