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Pubblico impiego: col rinnovo dei contratti si stimano arretrati medi di 581 euro pro capite

Funzione Pubblica

Il rinnovo dei contratti bloccati dal 2010 per il pubblico impiego dovrebbe comportare anche l’arrivo di un’una tantum alimentata dagli arretrati. Si tratta di circa 581 euro medi a testa, che saranno accreditati nel primo stipendio utile dopo la firma dei contratti. L’arretrato non compensa i lunghi anni di stop alla contrattazione, perché la sentenza della Corte costituzionale che a luglio 2015 ha imposto di riattivare i rinnovi ha considerato legittimo il blocco imposto fin lì ai dipendenti pubblici.
E’ interessante a tal proposito l’analisi effettuata sul Sole 24 Ore da Gianni Trovati, il quale ricorda che finora al pubblico impiego sono toccati pochi spiccioli, tanto che la prima manovra varata dal governo Renzi dopo la sentenza della Corte costituzionale ha voluto dare poco più che un segnale, mettendo sul piatto solo 300 milioni di euro che nella pubblica amministrazione centrale (ministeri, enti pubblici nazionali, agenzie fiscali e così via) si traducono in circa 9 euro lordi al mese. In sanità, regioni, enti locali e università le singole amministrazioni hanno dovuto accantonare una cifra in grado di dare gli stessi effetti. Per calcolare l’una tantum, i 9 euro vanno moltiplicati per le 13 mensilità del 2016 e per le altrettante di quest’anno, quando però si sono aggiunti i 900 milioni di euro messi a disposizione dalla scorsa legge di bilancio. Per ogni mensilità di quest’anno, quindi gli 8,9 euro targati 2016 si accompagnano ai 26,8 finanziati con i nuovi fondi, per un totale che si ferma poco sotto i 36 euro. Il riassunto porta quindi a un arretrato medio da 581 euro e qualche centesimo.
Questa una tantum è «media» come sono «medi» gli 85 euro lordi promessi a regime dall’intesa governo-sindacati del 30 novembre 2016, e coperti del tutto per lo Stato dalla legge di bilancio in discussione al Senato. La strategia del governo punta a differenziare i ritocchi contrattuali in base alla busta paga, secondo uno schema della «piramide rovesciata» che dovrebbe tutelare di più i redditi più bassi.
I costi lordi dell’operazione sui contratti superano i cinque miliardi all’anno, e preoccupano soprattutto gli amministratori locali per due ragioni: nei loro bilanci si sente solo marginalmente l’effetto-ritorno prodotto sui conti della Pa centrale dalle entrate fiscali e contributive aggiuntive prodotte dagli aumenti (in termini di indebitamento netto,gli 1,7 miliardi in più messi dallo Stato per il 2018 valgono invece solo 850 milioni), e il costo dei contratti si aggiunge a quello delle assunzioni rese possibile dal turn over ampliato solo pochi mesi fa. Sempre negli enti territoriali si concentrerà la maggioranza delle 50mila stabilizzazioni messe in programma dal piano straordinario triennale della riforma del pubblico impiego, la cui circolare attuativa è stata firmata giovedì.
Ma le questioni del pubblico impiego continuano a dominare anche il confronto sulla manovra: il testo approvato dal governo, oltre a completare il finanziamento dei nuovi contratti, apre le porte a 12mila assunzioni sparse invarie amministrazioni, ma negli emendamenti ministeriali sono piovute nuove richieste di rafforzamento degli organici che costerebbero intorno ai 200 milioni. Sindaci e presidenti di regione, poi, premono per essere aiutati a finanziare gli 1,6 miliardi abbondanti di costi per i nuovi contratti dei “loro” dipendenti, in una partita che nella sanità si intreccia con la battaglia intorno al super-ticket. Il tutto mentre l’ampliamento del turn over negli enti locali, deciso a primavera con la manovrina, e l’avvio della maxi-staffetta generazionale prodotta dai pensionamenti mettono in calendario per l’anno prossimo almeno 80mila nuovi ingressi nella Pa al netto della scuola.
Un puzzle davvero complicato da risolvere, le risorse sono esigue, l’Ue ci tiene sotto tiro, ma l’arrivo delle prossime elezioni potrebbe convincere partiti e governo ad essere molto generosi, al fine di conquistare voti importanti. E noi paghiamo.


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Ezzelino da Montepulico


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