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Elezioni: è cominciata la campagna elettorale, due mesi senza esclusione di colpi

Berdimrenz

ROMA – Una corsa lunga due mesi nei quali, a detta dei partecipanti, non ci sarà esclusione di colpi. E’ già cominciata, in piene vacanze natalizie, la campagna elettorale dopo che il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha sciolto le Camere. D’altra parte il clima elettorale si respirava già, come dimostrano i toni della commissione d’inchiesta sulle banche e le micro-misure della manovra. Ma ora i vari protagonisti si schierano ai blocchi: Silvio Berlusconi liquida come insufficiente il governo Gentiloni e considera il M5S unico rivale, i grillini cambiano le regole e ammettono candidati dalla società civile proprio come Fi e Pd, Luigi Di Maio paragona il Cav ad una “fotocopiatrice impazzita” che copia i programmi grillini e Matteo Renzi contrappone i dem “al populismo a Cinque Stelle e all’estremismo di questa destra leghista”.

Nonostante i sondaggi molto deludenti, Matteo Renzi non si scoraggia e crede nella rimonta del Pd. «Da un lato ci sono le promesse mirabolanti di Berlusconi e Salvini, il tandem dello spread e del populismo. Dall’altro Di Maio e Grillo, che vogliono referendum su euro e vaccini, promettendo assistenzialismo e sussidi. E poi ci siamo noi», è la linea del segretario dem, che mira dritto su M5s e Lega ed insiste molto sulla squadra credibile e affidabile in campo per le elezioni, da Gentiloni a Minniti, da Delrio a Orlando.

Archiviata la diciassettesima legislatura, ormai le forze politiche sono pronte a lanciarsi nella campagna elettorale il cui esito appare decisamente incerto, a partire dal fatto che si voterà con una nuova legge elettorale, il controverso Rosatellum bis. Non è nemmeno chiaro, al momento, se ci sarà un election day, o se i cittadini di Lazio, Lombardia, Molise e Friuli Venezia-Giulia sceglieranno i loro governatori nei mesi successivi.

Ad ogni modo l’incertezza più evidente riguarda gli effetti della nuova legge elettorale, sulla quale pende ancora qualche ricorso: sin dalla sua approvazione, tanti osservatori fecero notare che un sistema per due terzi proporzionale e solo un terzo maggioritario, senza il voto disgiunto, rischia di non produrre maggioranze chiare. Tanto che c’è chi preannuncia uno scenario “spagnolo”, ovvero un repentino ritorno alle urne, magari a giugno. Anche se è difficile che i neo-parlamentari vogliano correre subito il rischio di perdere un seggio appena conquistato.

Il Pd, dato negli ultimi tempi in calo nei sondaggi, spera in una grande ripresa, facendo leva soprattutto sui risultati dell’ attuale governo, protagonisti principali Gentiloni e Minniti. I dem affidano le loro speranze di rilancio alla tenuta dell’elettorato vicino al segretario Matteo Renzi e, forse spinti dalle parole di Mattarella, sembrano puntare decisamente sulla lotta alla disoccupazione. L’obiettivo è semplice: avvicinarsi più possibile alla fatidica quota 40%, sostenendo che quello al Pd è l’unico voto utile per battere i populismo del centrodestra e quello di Grillo.

SINISTRA – Ma intanto a sinistra sono in corso grandi manovre per costruire l’intesa con +Europa. La Bonino e i suoi compagni di viaggio hanno lanciato il grido di allarme: siamo costretti a correre da soli. «Al momento è l’unica via», hanno spiegato i promotori lanciando, in settimana, la raccolta firme e puntando il dito contro il Viminale accusato di «interpretazione surreale della legge elettorale». Ma in serata è intervento il vicesegretario del Pd Maurizio Martina per lanciare una ciambella di salvataggio che conferma l’interesse dei Dem a non perdere i voti della galassia Bonino. «Per il Pd le porte della collaborazione con la lista +Europa sono sempre aperte e siamo pronti anche alla leale collaborazione organizzativa, garantendo il nostro lavoro per la raccolta delle firme necessarie per ogni circoscrizione». Ma la replica della Bonino è al fulmicotone: «La risposta ufficiale del Pd è stata: `Vi aiuteremo a raccogliere le firme´. Che è più o meno come dire: `Se non avete il pane, vi daremo le brioche´. La risposta ufficiosa, che inizia a trapelare copiosa sui giornali e sulle agenzie di stampa, è che staremmo facendo grane per una questione di `posti´: cosa platealmente falsa, visto che il problema che poniamo riguarda i `loro´, non i `nostri´ candidati uninominali», attacca. Volano gli stracci, accordo difficile. Solo il voto dirà poi se la lista `ulivista´ di Riccardo Nencini e Angelo Bonelli riuscirà a frenare il flusso verso Liberi e Uguali, che punta a un risultato a due cifre.

BERLUSCONI – Intanto Berlusconi è tornato ad attaccare l’Euro che, a suo avviso, fatto entrare «con quelle modalità e a quei valori improvvidamente accettati da Prodi, ha dimezzato i redditi e i risparmi degli italiani». E si intuisce che il Cavaliere non vuole lasciare l’intero voto di protesta a Matteo Salvini. Il leader della Lega non chiude a alleanze ma chiede «coerenza e serietà. Altrimenti, se mettiamo insieme l’Arca di Noè, poi è difficile fare le riforme che vogliamo».

Si attende poi di capire dove si indirizzerà maggiormente il voto moderato, nel testa a testa tra «Civica e Popolare», la lista alleata al Pd guidata da Beatrice Lorenzin e Pierferdinando Casini, e «Noi con l’Italia», la cosiddetta `quarta gamba´ moderata del centrodestra.

M5S – A tutto gas si muovono i M5s, movimento che si presenterà da solo e, secondo tutti i sondaggi, può diventare la prima forza politica italiana. Risolto il problema della leadership, ormai nelle mani del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, i pentastellati sono alle prese con la questione Grillo: proprio in contemporanea con il messaggio di Sergio Mattarella, nel suo `controdiscorso´, ha annunciato che il suo blog non sarà più quello del movimento. Al voto il M5s va con nuove regole, tra queste l’apertura ai candidati della società civile, alla multa di 100 mila euro per chi cambia casacca.

La battaglia è appena cominciata e siamo sicuri che da qui al 4 marzo ne vedremo delle belle.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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