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Scorta: decidono organi di sicurezza (non Salvini in prima persona). Le regole vigenti

Matteo Salvini e Roberto Saviano

Il tema della scorta a politici, magistrati e personaggi pubblici particolarmente in vista è ricorrente, e si riaccende di solito in particolari casi, enfatizzati dalla stampa. In alcune circostanze si era parlato dell’opportunità stessa di mantenere una scorta, nei confronti di alcune categorie, ad esempio intellettuali e giornalisti. Le recenti polemiche sulla scorta dello scrittore e giornalista Roberto Saviano, che da quasi 10 anni vive con gli angeli custodi armati in seguito alle minacce ricevute per le sue inchieste sul clan dei casalesi, hanno riproposto il problema. Cin polemiche fra il ministro Salvini e i difensori di Saviano a prescindere.

La polemica sulla scorta come status symbol è vecchia come la casta. A volte si esagera. Ci sono scorte necessarie, ma in Italia c’è forse troppa gente da scortare, mentre all’estero, pur in situazioni di tensione per il terrorismo, molta meno.

Intanto va detto che non tutte le scorte sono uguali. Esistono vari livelli. Il primo ha diverse auto blindate e almeno tre agenti per auto. E’ assegnata a pochissime, alte, personalità. Il secondo due auto blindate con tre agenti ciascuna. Il terzo una sola auto blindata con 3 agenti. Questa è quella assegnata quasi alla metà degli attuali aventi diritto. C’è poi un quarto livello, una tutela personale, con auto non blindata e uno o due agenti.

Fino al 2002 la scorta veniva assegnata e regolata dalle prefetture. Con la polemica sulla tragica fine del professor Marco Biagi, ucciso dalle Brigate rosse, dopo che gli era stata tolta ogni tutela, è cambiato meccanismo. Con la Legge 133/2002 è nato l’Ucis (ufficio centrale interforze per la sicurezza nazionale). A questo ufficio spetta il compito di valutare, decidere e gestire la tutela e la protezione delle persone esposte a particolari situazioni di rischio. Sì, perchè la scorta a questo serve. Una personalità viene considerata a rischio e perciò viene tutelata. E’ una vera e propria misura di sicurezza decisa dallo Stato.

Come hanno raccontato negli anni molte persone sottoposte a tutela, la vita con la scorta non è semplice: non comporta privilegi ma limitazioni alle proprie libertà personali. Anche nei casi in cui alcuni politici, o più spesso politiche, sono state pizzicate, con foto, mentre andavano a fare la spesa al supermercato con sullo sfondo gli angeli custodi che, magari per cortesia, aiutavano anche a sistemare i pacchetti in auto, la decisione di essere seguita anche in tali circostanza non è dell’interessata, ma è dovere degli agenti eseguire il loro compito fino in fondo. Da Prefetto di Torino, quando era al culmine la battaglia dei no Tav e dei centri sociali, alcuni poliziotti mi seguivano ovunque, non perché lo chiedessi io, ma perché così era stato deciso anche al di là della mia volontà.

Occorre poi seguire alcune regole, nei casi di persone molto a rischio, per esempio, gli spostamenti devono essere pianificati in anticipo e seguendo particolari protocolli: diventa quindi impossibile frequentare alcuni luoghi e si deve rinunciare in parte alla propria privacy. E non è nemmeno un lavoro semplice per gli agenti, tra orari dei turni e la necessità di mantenere discrezione e riserbo nei confronti della persona sotto tutela, senza contare i rischi legati allo stesso impiego, come ci hanno purtroppo insegnato le morti di molti agenti che costituivano la scorta di personalità a rischio.

Nella maggior parte dei casi perciò le polemiche mi sembrano strumentali e inutili. Dopo il caso Biagi le situazioni specifiche sono valutate con maggior attenzione, cercando di reperire e di esaminare a fondo ogni elemento utile che possa confortare decisioni positive o negative.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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