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Artemio Franchi, l’«Unesco» del nostro calcio
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FIRENZE – «La morte è cattiva solo per i cattivi» ed è dolce per chi come Artemio Franchi ha dato l’esempio con l’«unicità e irripetibilità della sua vita». Così monsignor Carlo Mazza, vescovo di Fidenza e componente del Comitato etico della Lega Pro, ha ricordato stamani in Battistero del grande dirigente sportivo di cui lo stadio di Firenze porta il nome, a 30 anni dalla sua scomparsa.
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«La sua vera eredità – ha detto il presule – consiste nell’originalità di concepire il calcio come visione di vita, come cultura nazionale e come luogo di molteplici convergenze. Il calcio è un bene nazionale, espressione dei valori nazionali e Artemio Franchi è come l’Unesco, che lo tutela».
Alla funzione religiosa erano presenti, tra gli altri, il figlio Francesco Franchi, la moglie Alda e i familiari, Giancarlo Abete, presidente della Figc, Paolo Donati, vice segretario della Lega Pro, oltre al procuratore Furio Valcareggi e ad altre personalità del mondo dello sport, come pure tanti amici che ancora lo ricordano. In precedenza era stata deposta una corona sulla sua tomba presso il cimitero di Soffiano,
Nato a Firenze da genitori senesi, Artemio Franchi fu, tra l’altro, presidente della Ficg e dell’Uefa negli anni ’70. Morì il 12 agosto 1983 a causa di un incidente stradale mentre si recava a Siena per prendere accordi per assistere al palio dell’Assunta, che si sarebbe tenuto quattro giorni dopo.
[N.D.P.]