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Mosca: rafforzare la presenza e il ruolo dell’industria italiana in Russia

MOSCA – Il 2018 è un anno chiave per il sistema Italia in Russia: o si cambia direzione, varando un modello di sostegno alle imprese ispirato ai metodi usati da Francia e Germania, che abbia come riferimento una cabina di
regia unificata, oppure si vanificherà il lavoro fatto negli ultimi 50 anni e l’Italia perderà, forse per sempre, quote di
mercato rilevanti. A lanciare l’appello, a governo e istituzioni, è il presidente di Confindustria Russia Ernesto
Ferlenghi.
I numeri sono impietosi. L’Italia ha 80 joint-venture attive in Russia, la Germania 3mila, nessuna azienda italiana è nella classifica delle prime 50 società straniere per investimenti diretti a fronte di 7 francesi e 14 tedesche e se è vero che anche Parigi e Berlino hanno perso tra il 30 e il 34% di interscambio dal 2013, prima dell’introduzione delle sanzioni, dal 2015 hanno avuto una ripresa più marcata della nostra, proprio grazie a quel modello più compatto. I segnali di allarme già ci sono. I primi sei mesi del 2018 raccontano di un export in crescita, rispetto al 2017, di solo l’1,8% e la tendenza è tale che si potrebbe alla fine registrare una perdita. Insomma, il tempo sta per scadere.
Al di là degli innegabili buoni rapporti politici fra l’Italia e la Russia, che le visite istituzionali senz’altro
servono a consolidare, il nostro paese – spiega Ferlenghi in un’intervista all’ANSA – paga un prezzo molto alto in termini di frammentazione, legato sia alla presenza di un numero troppo elevato di associazioni di categoria e di imprese che di strumenti intergovernativi che vanno adeguati alle nuove condizioni di mercato. Per quanto riguarda il mondo associativo in Russia – nota Ferlenghi – un primo tentativo di sinergia è partito nel 2018, tuttavia serve ancora una maggiore comunicazione e coordinamento tra tutte le sigle. I tedeschi ad esempio possono contare su una struttura unica, Casa Germania, finanziata dal governo tedesco con tre milioni di euro l’anno,con 60 dipendenti, 20 dei quali analisti”. Queste conoscenze del mercato, una volta elaborate, divengono un fenomenale strumento competitivo nelle mani delle loro aziende.
Il punto, infatti, è proporre le soluzioni giuste, in termini di competenze e adeguati strumenti finanziari. Noi – dice
Ferlenghi – dobbiamo diventare i migliori analisti e capire quali sono i progetti che interessano e come si muovono i nostri competitor: il modello ‘produzione in Italia ed esportazione in Russia, pagato in valuta, non esiste più anche perché la Russia ha il desiderio di crescere dal punto di vista tecnologico e il rublo ha perso valore… e non a caso la Germania ha iniziato con le localizzazioni già 10 anni fa, investendo sulle sinergie con le aziende tedesche e sulla crescita di risorse locali. Ma per metterci al pari serve, appunto, una cabina di regia e investimenti freschi.

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