
Moody’s: spread in Italia rimarrà alto finché non finirà la contesa con la Ue
ROMA – Puntuale come un orologio svizzero arriva il messaggio di Moody’s, irritata dal calo dello spread in Italia. Ed ecco che, per rimediare a questo evento, l’agenzia di rating ci spiega che il confronto tra l’Italia e l’Europa, che proseguirà nelle prossime settimane di pari passo con l’avanzamento della procedura di deficit eccessivo, «manterrà probabilmente alti e volatili i costi di funding per l’Italia e pone ulteriori rischi al ribasso per l’economia che ha già iniziato a rallentare nei primi nove mesi dell’anno. La continua incertezza abbinata a tassi di interesse relativamente alti potrebbe deprimere ulteriormente la crescita nel quarto trimestre e nel 2019. Indicatori come la fiducia delle imprese e le immatricolazioni di auto stanno dando segnali di ulteriore debolezza nel quarto trimestre afferma Moody’s, che monitora con attenzione i flussi di credito alla luce dell’importanza del finanziamento bancario per l”economia italiana. I prestiti bancari alle famiglie e alle imprese sono diventati negativi negli ultimi mesi e un ulteriore irrigidimento delle condizioni di credito indebolirebbe ancora l”economia».
Moody’s vede dunque significativi rischi alle sue previsioni di crescita, che sono dell’1% per quest’anno e dell’1,3% per l’anno prossimo. Secondo l’agenzia di rating il Consiglio Europeo, appoggiando la raccomandazione della Commissione, avvierà la procedura di deficit eccessivo, dando un periodo di tre/sei mesi all’Italia per adottare misure correttive che – sempre secondo Moody’s – il nostro governo respingerà al mittente. «Il governo italiano
potrebbe reagire a un significativo e rapido aumento nei suoi costi di funding, per esempio rinviando l’implementazione di alcune delle sue misure di spesa. Se Moody”s ritiene improbabile il rischio di un’uscita
dell’Italia dall’euro anche in caso di un inasprirsi del confronto con l’Europa, l’imposizione di sanzioni all”Italia
«potrebbe causare un ulteriore escalation di tensioni, ragione per la quale è altamente improbabile che l’Europa le adotti prima delle elezioni del Parlamento europeo nel maggio 2019, così da non dare un’arma al governo populista italiano in campagna elettorale».
Si tratta di valutazioni eminentemente politiche e non economiche. Solo la procura di Trani a suo tempo si impegnò per indagare sulle attività di queste incontrollabili agenzie di rating. Possibile che nessuno dei nostri baldi procuratori, così inclini a inquisire soprattutto i governi e i politici di centrodestra, non abbiano il tempo e la voglia di vederci chiaro? Dimenticavo, l’obbligatorietà dell’azione penale vale a fasi alterne.