Reddito di cittadinanza: controlli contro i furbetti del divorzio
Arriva una stretta contro i furbetti del divorzio: la commissione Lavoro del Senato ha approvato l’emendamento della Lega che prevede che qualora la separazione o il divorzio sia avvenuto dopo il primo settembre 2018, gli ex coniugi che facciano domanda di reddito di cittadinanza devono certificare di non risiedere più nella stessa casa con apposito verbale della polizia municipale.
Si tratta di un’intesa che ha il sapore della tregua. La Lega depone le armi “pesanti” sul reddito di cittadinanza: ritira in Senato gli emendamenti più indigesti al Movimento 5 Stelle, mentre incassa il via libera ad alcune modifiche per inasprire le sanzioni a chi bara e rafforzare i controlli contro i furbetti dei divorzi. Mentre sono per ora accantonate, per essere affrontate alla Camera, modifiche condivise ma con problemi di coperture, come l’aumento degli assegni per disabili e famiglie numerose e l’anticipo del Tfs. L’intesa è l’effetto, spiegano i senatori dei partiti di maggioranza, dello sciogliersi delle tensioni dopo il No dei Cinque stelle al processo a Matteo Salvini sul caso Diciotti. Nel pomeriggio la delegazione M5s fa ingresso a Palazzo Chigi, per un vertice con il premier Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Giancarlo Giorgetti (Salvini è impegnato in Sardegna e Puglia), convinta di poter ottenere dall’alleato la blindatura del reddito. E così accade. Proposte leghiste come il limite ai rinnovi del reddito dopo i primi 18 mesi, vengono stralciate. Al Senato si faranno alcune modifiche “light”, poi alla Camera si proverà a superare il nodo coperture per modifiche più corpose. A margine del tavolo a Palazzo Chigi – preceduto da un Cdm lampo di cinque minuti – si parla anche di Inps. La nomina del commissario arriverà entro la prossima settimana, forse già questa, assicura il sottosegretario Claudio Durigon.
Ma anche qui il M5s prova a riscuotere la sua fiche: l’offerta di un posto da vice per Pasquale Tridico, autore del reddito di cittadinanza, sarebbe stata respinta dal M5s. In campo per il ruolo di commissario, in attesa del nuovo Cda, restano i nomi di Mario Nori, Gabriella Di Michele, attuale vicedirettore, e Paolo Reboani, dirigente del ministero del Lavoro. Si discute ancora. Si sblocca intanto la partita ‘decretone’, che era fermo da giorni in Senato. Il governo aveva accarezzato anche l’idea del blitz in Aula già in settimana. Ma, dopo le proteste dell’opposizione e raccogliendo anche gli auspici espressi dal Quirinale dopo il varo della manovra, la conferenza dei capigruppo sceglie di rallentare e far votare l’Aula la prossima settimana, per dare tempo a un esame “vero” in commissione. Il passaggio in prima lettura al Senato di reddito di cittadinanza e quota 100 sembra comunque destinato a non essere decisivo. L’intervento per rafforzare il sostegno ai disabili e le scale di equivalenza per le famiglie numerose, voluto dalla Lega, è ancora sub iudice, perché costa troppo. E soldi, con il rischio di una manovra correttiva che incombe, non ce ne sono molti. La proposta leghista costerebbe circa 400 milioni (600 mln a regime). Per questo si starebbe ragionando su correttivi. E si valuta il costo dell’aumento dell’età per il riscatto della laurea e l’aumento dell’anticipo del Tfs da 30 a 45mila euro. Viene bocciata, per mancanza di coperture, la norma per dare incentivi a chi assume colf o badanti e la mini-tassa per il rientro dei lavoratori dall’estero. Mentre passa la stretta contro i ‘furbetti’ del divorzio, con controlli dei vigili sulla residenza effettiva in case diverse per le coppie che si siano lasciate dopo il primo settembre 2018. C’è l’intesa per escludere per 5 anni dal reddito chi rilascia dichiarazioni mendaci. Viene ampliato il monte ore per servizi sociali: con l’accordo del Comune e del beneficiario si può passare da 8 a 16 ore.