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Quota 100: meno conveniente per gli ultrasessantacinquenni. I dati Inps sulle domande presentate

ROMA – I lavoratori che hanno già compiuto 65 anni sono poco propensi a ritirarsi in anticipo utilizzando la quota 100, più gettonata fra i più giovani: pur senza meccanismi di penalizzazione, chi è più vicino alla pensione di vecchiaia preferisce maturare l’assegno pieno. E’ una (non per forza prevedibile) tendenza che si rileva analizzando i dati INPS sulle domande di pensione anticipata con la quota 100 (più di 60mila).

Prendendo come riferimento i dati al 22 febbraio, la parte del leone continuano a farla i dipendenti pubblici (più di 23mila domande), seguiti a stretto giro da quelli del privato (circa 22mila). Adesione alta anche fra i lavoratori autonomi: oltre 11mila domande tra commercianti, artigiani e coltivatori diretti.
Su 63.414 domande di pensione, meno di 13mila sono state presentate da lavoratori ultra sessantacinquenni. Dunque, il grosso degli aventi diritto non ha ancora raggiunto questa età. L’analisi è segmentata in altre due fasce di età: fino a 63 anni e fra i 63 anni e i 65 anni. In questo caso, i dati sono più omogenei, anche se c’è una maggioranza di richieste nella seconda fascia (29mila, contro 21mila).

Ricordiamo in estrema sintesi che la quota 100 è prevista per coloro che hanno almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi. Il metodo di calcolo influisce ovviamente sull’ammontare dell’assegno (e potrebbe spiegare l’adesione più alta sopra i 63 anni): come da prassi, per il calcolo della pensione si applica il retributivo con almeno 18 anni maturati entro il 31 dicembre 1996, il sistema misto se alla stessa data i contributi sono inferiori a 18 anni, con il contributivo se non ci sono contributi al 1996.

Per gli over 65 è invece più conveniente aspettare la pensione vera e propria perché il montante contributivo sarà maggiore e quindi l’assegno più alto (sarebbe lo stesso se il confronto si facesse con la pensione anticipata ordinaria). La convenienza della quota 100 consiste per lo più nel fatto che la riduzione dell’assegno è compensata dal fatto che si prende la pensione per un maggior numero di anni. Quindi, nel momento in cui questo vantaggio si riduce, decade forse anche l’interesse.

Un altro elemento interessante è sottolineato da Giovanni Gazzoli, del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali: il maggior successo della misura fra gli over 63 può anche dipendere dal divieto di cumulo con altri redditi da lavoro dipendente o autonomo (con l’eccezione di prestazioni occasionali fino a un tetto massimo di 5mila euro annui), che disincentiva chi non vuole smettere completamente di lavorare.

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