Salvini taglia i 35 euro giornalieri per l’assistenza ai migranti. Molte associazioni rifiutano, smascherata la carità per convenienza
Da tempo le associazioni benefiche e le cooperative che assistono gli immigrati si lamentano perché, con il drastico taglio della retta disposto da Salvini, i guadagni non sono più così elevati, e la misericordia e la buona volontà di assistere i migranti non bastano. Gli affari sono affari.
Per effetto dei porti chiusi e dei tagli voluti dal decreto Salvini, sono adesso a rischio la metà di tutti gli ‘operatori del settore: 18 mila su un totale di 36 mila, sostenuti dai 35 euro al giorno pagati in precedenza sotto i governi di sinistra. A esporre la dura realtà dei numeri sono Fp Cgil, Fisascat Cisl, Cisl Fp e Uil Fpl che in una lettera inviata al ministro del Lavoro Luigi Di Maio hanno chiesto un incontro urgente: «Occorre individuare soluzioni immediate per il personale interessato dalla vicenda Medihospes e, più in generale, viste le ricadute complessive in termini occupazionali, sull’intero settore. Come ai fatti verificatisi al Cara di Castelnuovo di Porto, con un centinaio di lavoratori ora nel fondo d’integrazione salariale, e ai licenziamenti attuati dalle cooperative che gestiscono il Cara di Mineo in Sicilia, che tra l’altro rischiano di aumentare».
Risulta però evidente, da parte di molte cooperative sociali, il tentativo politico di far fallire l’abbassamento dei costi per l’accoglienza dei migranti, dai 35 euro ai 21-26 euro, che è stata decisa dal Viminale. In molte città, da Genova a Reggio Emilia, da Savona a Lecce, ma anche Ferrara, Treviso, Viterbo, associazioni e cooperative non si sono presentate alle gare, andate deserte. Alcune prefetture hanno così deciso di allungarne i tempi o rinviarle: è il caso di Siena (rinvio al 19 aprile) e di Bologna (proroga al 20 giugno delle concessioni esistenti). Alcune cooperative chiedono rinvii delle gare mentre altre tentano la via giudiziaria e fanno ricorso al Tar del Lazio.
Come si fa a garantire un servizio con venti euro al giorno? sostengono tutti coloro che si oppongono al taglio dei costi: è impossibile fornire un’assistenza decente a quelle cifre. Ma al Viminale si dà una lettura politica di quello che sta succedendo visto che in prima fila nel no al taglio delle tariffe ci sono ad esempio LEGACOOP e Confcooperative del Veneto che hanno spedito una lettera alle prefetture di Padova, Verona e Belluno per chiedere di bloccare le gare per l’assegnazione dei fondi per l’accoglienza diffusa. Le cifre che sono passate da 35 a 18 euro per migrante al giorno di fatto, dicono, azzerano la capacità di integrazione e interrelazione tra i migranti e la popolazione residente.
Duro anche il commento della Legacoop sociali Toscana: «Questi bandi non rispettano alcune norme basiche, ad esempio non sono previste le spese per la sicurezza dei lavoratori. E poi non ci sono attività per l’integrazione. Il nostro ruolo si ridurrebbe a quello di sorveglianti». Legacoop Toscana, ma anche Forum Toscano del Terzo Settore, Arci, Cnca e Diaconia Valdese chiedono anche che la giunta regionale approvi rapidamente la legge sull’accoglienza, che metterebbe a disposizione altri fondi per l’assistenza, bypassando così il decreto Salvini.
Ma nella rossa Toscana esiste un contraltare religioso, con associazioni che, correttamente, non volendo essere accusate di lucrare sull’assistenza, sono intenzionate a partecipare ai bandi. Si tratta delle Caritas, Il Cenacolo, cooperativa Cristoforo, che già gestiscono una grossa fetta di migranti accolti in provincia di Firenze e sembrano intenzionate a proseguire anche con le mutate condizioni.
Da molto tempo si discute della genuinità degli interventi di assistenza ai migranti, non motivate talvolta (direi spesso) da ragioni caritatevoli o d’intervento di sostegno ai più deboli, ma anche, se non soprattutto, da ragioni di sfruttamento di un business che stava sostituendo, come resa, quello della droga. E non è certo una prospettiva esaltante. Ben vengano dunque le limitazioni ai fondi già distribuiti a piene mani, se servono a smascherare i più rilevanti esempi di carità pelosa, già messi in evidenza, purtroppo, da molte indagini che la magistratura ha portato avanti nel settore.