Rider in rivolta. E Di Maio promette ancora: «Con il decreto crescita daremo stipendio e tutele»
ROMA – Balzano alla ribalta della cronaca, i rider, ossia i fattorini. Provocatoriamente rivendicano le mance accusando i vip di tichieria, e minacciando rilevare nomi, indirizzi, abitudiani, ma in realtà vogliono richiamare l’attenzione sul loro lavoro rischioso, precario, mal pagato. E allora Luigi Di Maio, sempre a caccia di consensi, interviene, con una vecchia promessa: «La norma sui rider è pronta. Sarà inserita nella legge sul salario minimo che è in discussione in questi giorni al Senato. Se potremo, proveremo a farla diventare legge anche prima, inserendola nella fase di conversione del decreto crescita, ma su questo ci sarà bisogno dell’autorizzazione dei presidenti delle Camere. La norma che stiamo per approvare ha l’obiettivo di tutelare lavoratori il cui stipendio dipende da un algoritmo e che non hanno tutele minime».
Ancora Di Maio, che aveva promesso ma non ancora mantenuto: «Ci avevamo già provato nel decreto reddito di cittadinanza, ma la norma era stata esclusa per estraneità di materia. Inoltre un disegno di legge ad hoc richiederebbe troppo tempo. Purtroppo la norma riders non è stata varata subito, perché prima di approvarla abbiamo voluto provare in tutti i modi la strada della concertazione: siamo riusciti a far sedere attorno ad un tavolo le aziende di food delivery, le associazioni dei rider e le parti sociali, ma alcune divergenze incolmabili non ci hanno permesso di approdare alla sottoscrizione di un accordo. La strada che rivoluziona il mondo della gig economy è ormai tracciata. I lavoratori del terzo millenio avranno finalmente più diritti e tutele tra cui: Copertura Inail per gli infortuni; Migliore contribuzione Inps che supera la gestione separata; divieto di retribuzione a cottimo».
E il vicepremier conclude: «Potevamo fare prima forse, era anche il nostro obiettivo, ma una norma molto specifica e innovativa va approntata con attenzione. Quindi sebbene non andato a buon fine, il tavolo di concertazione era doveroso per provare a mediare tra le parti in campo. Prima delle leggi, un Ministro deve sempre provare a far dialogare gli attori in campo».