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Terrorismo, nuovo allarme di Gabrielli. Foreign fighters possono arrivare attraverso i Balcani

Abbiamo ricordato più volte come l’Italia finora sia rimasta immune da attacchi terroristici devastanti grazie al fatto che ancora non vi sono immigrati di seconda o terza generazione, delusi dalla mancata integrazione, grazie all’eccellente apparato d’intelligence e di sicurezza e forse anche al fatto che l’Italia è considerato (molti precedenti lo confermano) un paese d’approdo abbastanza sicuro per chi compie attentati altrove.

Ma all’orizzonte, dopo la disfatta dell’Isis in Siria, c’è il ritorno dei foreign fighters italiani, quei combattenti che, avendo abbracciato la causa dell’Isis, sono andati a combattere in quei paesi e adesso, finita la necessità della loro azione in quei luoghi, potrebbero tornare in Italia per trasferire lotta e attentati anche nel nostro paese. Un pericolo da non sottovalutare e che non è certo stato messo da parte dagli investigatori.

Per un certo poeriodo l’attenzione si era concentrata su possibili arrivi dei terroristi confusi sui barconi dei migranti, ma adesso, tagliati gli arrivi dal Mediterraneo, il Capo della Polizia Franco Gabrielli, evidentemente su input dei Servizi, avverte che occorre prestare maggiore attenzione alla rotta dei Balcani, recentemente riaperta in alternativa a quella del Mare Nostrum.

Il Capo della Polizia lo ha confermato in occasione della sesta edizione del «Foro di Roma», la riunione con i capi delle polizie di Albania, Bosnia, Bulgaria, Croazia, Grecia, Macedonia, Moldova, Montenegro, Romania, Serbia, Slovenia e Ungheria e alla quale partecipano i rappresentanti di diverse agenzie di sicurezza europee: Europol, Interpol, Frontex e Selec.

«A fronte di un significativo decremento dei flussi nel Mediterraneo – ha detto Gabrielli – abbiamo registrato una ripresa sulla rotta balcanica, anche se non ai livelli del 2015. E questo fenomeno, connesso alla caduta dell’Isis, rappresenta un motivo di preoccupazione per la sicurezza dell’Italia e dell’Europa perché è possibile, e in alcuni casi probabile, un afflusso di foreign fighters».

Che i Balcani siano da decenni un punto di passaggio per combattenti islamici ma anche un luogo dove coltivare integralismi e radicalismi, non è un segreto per nessuno visto che, come ricorda l’ultimo rapporto della Fondazione Icsa, sin dall’inizio del conflitto nell’ex Jugoslavia i mujaheddin afghani videro nella Bosnia «la possibilità di aprire un nuovo teatro operativo dopo la chiusura di quello afghano e un’occasione di diffusione del loro credo e del jihad alle porte dell’Europa».

Così a partire dal 1992 arrivarono a Sarajevo combattenti di ogni provenienza uniti dall’esperienza afghana, armi e cospicui finanziamenti da varie Ong islamiche. Lo stesso Bin Laden, allora sconosciuto, fu visto più volte nella capitale bosniaca. «Quei fondi, quegli arsenali, quei contatti sviluppati nei primi anni novanta – dicono ancora gli analisti – posero le basi del successivo sviluppo dell’attuale minaccia nei Balcani che rappresentano una base d’appoggio per il terrorismo di stampo jihadista».

Considerati questi precedenti bene ha fatto il Capo della Polizia a lanciare un preciso avviso ai naviganti; stiamo con le antenne dritte perché il pericolo potrebbe essere anche per noi dietro l’angolo. Ma per fortuna siamo tutelati da professionisti della sicurezza e antiterrorismo che conoscono la materia e sanno quel che accade sul campo.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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