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Nomine Ue: le pessime prospettive per l’Italia confermate dal Consiglio europeo

Il Parlamento europeo

BRUXELLES – Sulle pessime prospettive per le prossime nomine ai vertici dell’Europa il periodico on line Interris ha pubblicato un’interessante analisi di Luca La Mantia, che riprendiamo.

I risultati delle elezioni sono stati in fondo meno sconvolgenti del previsto, l’ondata sovranista, alla fine, c’è stata, ma non potrà incidere più di tanto sugli scenari futuri. Sia pur mutata in parte, la geografia dell’Europarlamento di Strasburgo resta grosso modo quella, con i partiti tradizionali destinati a farla da padrone quando si tratterà di scegliere il nome di chi occuperà le poltrone più ambite; quelle che muovono i processi decisionali e, quindi, finiscono col l’influenzare le scelte dei governi nazionali, in particolare in ambito economico. E’ lì che si gioca la partita più importante.

Ma un’Italia che esprime, come partito di maggioranza, una Lega fuori dalle principali “famiglie” politiche europee (Ppe, Liberali e Socialisti), quante possibilità ha di vincerla? E’ questa la domanda che occorrerà porsi a partire da oggi, tenuto conto anche delle prime risultanze e indicazioni uscite dal Consiglio europeo.

Il nostro Paese, sinora – lo abbiamo ripetuto più volte e lo ha sottolineato Renzi – occupa tre posizioni chiave: Bce (Mario Draghi), presidenza dell’Europarlamento (Antonio Tajani) e Politica estera e sicurezza comune (Federica Mogherini). Cariche destinate a scadere per decorrenza dei termini – è il caso del presidente della Banca centrale – o perché legate alla durata di una legislatura.

All’esito dell’incontro con il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, il premier Giuseppe Conte ha reclamato per l’Italia un ruolo primario nel processo di nomine dei vertici istituzionali dell’Ue. Conte, insomma, ha messo le mani avanti, ponendo sul piatto della bilancia il peso storico dell’Italia piuttosto che quello politico. Ma il silenzio del premier dopo la riunione del Consiglio europeo significa in sostanza che difficilmente le richieste italiane verranno accolte.

Oggi, con l’Italia fuori dai giri che contano, il rischio di un isolamento del nostro Paese esiste. Poche chances per il nostro Paese dunque per conquistare uno dei 5 top incarichi, qualcosa si capirà quando si comincerà a parlare di commissari europei. All’Italia ne spetta uno di diritto e a esprimerlo – in virtù dei mutati rapporti di maggioranza – dovrebbe essere la Lega. Matteo Salvini, sul punto, è stato chiarissimo: «Chiederemo un commissario di economia e non certo di filosofia: commercio, agricoltura o concorrenza. E come Lega avremo una chance in più di avere una voce in più» . Ma quali resistente incontreranno queste richieste? E’ questo il punto. Sulla sua strada, infatti, il nostro Paese incontrerà un presidente di Commissione espressione della maggioranza conservatrice (Ppe più Liberali), sulla scia di Jean Claude Juncker. I margini di manovra – tanto sulla scelta di un commissario che si occupi di temi economici – quanto sulla stessa politica economica saranno minimi.

A oggi le linee guida seguite dall’Ue sul fronte nomine riguardano il criterio geografico, quello delle famiglie politiche e quello dei candidati di punta (Spitzenkandidat). In questo quadro l’Italia dovrà condurre i suoi negoziati, consapevole che un ridimensionamento, anche rilevante, della sua presenza ai vertici delle istituzioni europee è scontato. Nell’ambito di trattative da condurre abbassando i toni della campagna elettorale sarà, allora, fondamentale anche sostenere, nei posti che contano, candidati non italiani che possano far comodo alla nostra causa. Sarebbe già un ottimo risultato.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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