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Mediterranea e Sea Watch attaccano il Tar del Lazio. Le sentenze le rispettano solo quando piacciono a loro

ROMA – «Il Tar del Lazio non ha rigettato nel merito il ricorso presentato dagli avvocati del team legale di Mediterranea Saving Humans in favore di Sea Watch 3. Ciò significa che non si è pronunciato sulla legittimità del provvedimento, il primo a discendere direttamente dal decreto sicurezza bis, che ad oggi impedisce alla nave di fare ingresso in acque territoriali italiane. Il tribunale amministrativo si è infatti limitato a respingere la richiesta di sospendere temporaneamente gli effetti del provvedimento in questione». A sottolinearlo, in una nota congiunta, sono Sea Watch e Mediterranea.

Una decisione che, dicono, «appare comunque gravissima. Il Tar ha infatti paradossalmente sostenuto che lasciare in mare 43 persone, inclusi dei minorenni, più l’equipaggio della nave, per giorni e giorni, non rappresenti quelle condizioni di eccezionale gravità e urgenza che consentono di approntare misure cautelari come quella richiesta. Lo stesso tribunale amministrativo, affermando che tutte le persone vulnerabili siano state già fatte sbarcare – aggiungono – non considera evidentemente come vulnerabili né i minori né i naufraghi che fuggono dalla guerra libica e dalle torture già subite in quel Paese. Appare gravissimo – si legge ancora nella nota – che il Tar ritenga che nulla possa imputarsi alle autorità italiane in merito alla loro protezione. Il Tar, evidenziano Sea Watch e Mediterranea, non accenna mai, inoltre, al diritto internazionale del mare che impone l’obbligo di sbarcare i naufraghi soccorso nel porto sicuro più vicino e più rapidamente possibile e al quale ogni provvedimento, come
quello emanato contro Sea Watch, è e deve essere subordinato. Ribadiamo quindi che non si tratta di una decisione sul merito dei provvedimenti impugnati, la cui legittimità continuiamo a contestare, così come abbiamo intenzione di usare tutti gli strumenti che il diritto ci mette a disposizione per tutelare i diritti di chi coraggiosamente fugge dalla Libia e di chi attraversa il Mediterraneo e le soccorre. E’ invece crudele e irresponsabile continuare oggi ad
affermare che le persone soccorse vadano riportate in una zona di guerra, mentre l’Onu e il Consiglio d’Europa continuano a ricordare al governo italiano che si tratterebbe di un reato terribile. Distruggere i diritti umani e lo stato di diritto nel Mediterraneo – concludono – significa renderli fragilissimi anche in terra. Dal futuro delle nostre navi Sea Watch e Mediterranea Saving Humans dipende il futuro delle nostre società».


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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