Autonomia, giustizia, due nodi da sciogliere nel Consiglio dei ministri, fra veti incrociati
Giuseppe Conte prova a disincagliare il governo da due degli scogli che più dividono M5s e Lega. Ma parlarsi è difficile, far passi avanti tutt’altro che scontato. E mentre si cammina sul filo di una crisi perenne, ci si sfida su ogni tema. Così nel Consiglio dei ministri convocato alle 15 potrebbe essere battaglia sulla riforma del ministro Alfonso Bonafede. Alla Lega il testo piace assai poco, nonostante alcune correzioni. E Matteo Salvini, viene spiegato, deciderà solo all’ultimo, dopo aver visto i suoi, se andare allo scontro in Cdm o denunciare le criticità del provvedimento e rinviare la trincea al Parlamento.
Intanto c’è il pressing pentastellato: “Sto sentendo troppi no dalla Lega – dice Luigi Di Maio – mi auguro che arrivi qualche sì”. “E’ sicuramente una proposta che si deve approvare in Consiglio dei ministri e non vedo perché la Lega si debba opporre. Sono anni che si dice che si devono ridurre i tempi dei processi. Ci siamo, approviamola”, dichiara Di Maio.
Al tavolo del Consiglio dei ministri, al quale si rivedranno Conte, Di Maio e Salvini dopo i giorni del grande gelo per il caso Russia, i leghisti dovrebbero mettere a verbale il loro dissenso, già espresso in pubblico a più riprese dal ministro dell’Interno. La riunione preparatoria del Cdm – viene riferito da fonti presenti – si svolge in una tensione politica “palpabile” ma i rappresentanti dei ministeri leghisti non affondano il colpo. Le criticità saranno sollevate nelle sedi politiche. Nel testo mancano due temi spinosi: intercettazioni e la separazione delle carriere invocata dalla Lega. E sugli altri capitoli Bonafede, raccogliendo alcuni rilievi, apre fino all’ultimo a limature.
I nove anni di durata massima dei processi, ad esempio, sono già stati ridotti a sei. Ed è stato anche messo a punto il meccanismo di sorteggio per i membri del Csm, con un meccanismo in due fasi che prevede l’elezione. Ma alla Lega il testo ancora non piace: sarà Salvini a decidere se fare barricate in Cdm o rinviare lo scontro al Parlamento. Ciononostante, Luigi Di Maio non sembra temere l’incidente o l’apertura di una crisi. E sfida l’alleato, a partire dalla flat tax: “Se trovano i trenta miliardi noi la sosteniamo”, dichiara. A chi gli rimprovera i “no” del Movimento, il vicepremier ribatte vantando alcuni “grandi” Sì come il taglio dei parlamentari, che sarà votato a settembre alla Camera: c’è un fronte trasversale che preme per il voto, denuncia, per evitare la sforbiciata. La crisi, replicano dalla Lega, è ostacolata dal fronte di coloro che sarebbero pronti a far nascere un esecutivo tecnico, anche di minoranza, pur di proseguire la legislatura. Ma per ora nulla succede: lo scontro costante si fa “lento logoramento, un’agonia”, afferma un leghista. “Il governo non rischia”, assicura Di Maio.
A frenarlo, aggiunge, sono i No della Lega: “Siamo un po’ in ritardo” sul contratto. Salvini, dalla spiaggia di Milano Marittima dov’è in vacanza con il figlio, sceglie di parlare solo via Twitter. Ma a chi lo sente ribadisce la percezione di un esecutivo bloccato dai No pentastellati. Al vertice di Palazzo Chigi sul ponte di Genova non si presenta e manda con il capogruppo Riccardo Molinari l’ex sottosegretario Edoardo Rixi. Una provocazione – ci si chiede – visto che Rixi, condannato, si era dimesso dal governo? M5s, che aveva protestato per la presenza di Armando Siri al tavolo del Viminale sulle tasse, questa volta non dice niente. Anzi, Danilo Toninelli, con segnale distensivo, dà la disponibilità ad aprire un tavolo sulla Gronda. E’ l’ennesima conferma che M5s non vuole fornire alcun pretesto per rompere, notano i leghisti. Che il 7 agosto dovrebbero tornare a riunire le parti sociali al Viminale sulla manovra e la proposta leghista di flat tax.
A Palazzo Chigi Conte convoca intanto due vertici per sciogliere i nodi ancora aperti sull’Autonomia: gestione dei beni culturali e delle risorse finanziarie. Portare le intese già questa settimana in Consiglio dei ministri è considerato impossibile ma la speranza è chiudere una pre-intesa da presentare ai governatori di Veneto e Lombardia entro il weekend, per poi magari chiudere nel Cdm dell’8 agosto. La strada è tutta in salita: le bozze, denuncia Attilio Fontana, sono “da brividi”. A irritare i leghisti sono in particolare le iniziative assunte da Di Maio sul Sud e l’idea lanciata da Tria di una Banca del Mezzogiorno. La partita ancora aperta.