Draghi addio alla Bce: coro di lodi, ma la Germania ringrazia con molte riserve
Gli 8 anni di Mario Draghi alla guida della Bce sono stati giudicati prevalentemente in positivo, ma non sono mancate le critiche, soprattutto dalle banche tedesche, all’operato del Presidente.
Alla vigilia del suo addio alla Bce esce ‘Mario Draghi, l’artefice’, un libro di due giornalisti di Bloomberg, Jana Randow e Alessandro Speciale, con la prefazione di Christine Lagarde. Il loro racconto prende avvio dalle poche pesantissime parole pronunciate da Draghi stesso a Londra nel luglio 2012, nel momento più drammatico della crisi dell’Eurozona: quel Whatever it takes con cui il governatore annunciò che la Bce avrebbe fatto «tutto il necessario» per proteggere la moneta unica.
È quello che è accaduto, di fatto: Mario Draghi è stato ‘l’artefice’ di un salvataggio a detta di molti impossibile, quando il caso del debito greco e italiano, spagnolo e portoghese, nel pieno di una crisi globale paragonabile solo a quella del 1929, rischiava di minare l’esistenza stessa del progetto comune europeo.
Mario Draghi si prepara a lasciare la presidenza della Bce e – a leggere la stampa tedesca – è evidente come la principale economia dell’Eurozona resti divisa – come è stato per questi 8 anni – fra l’ammirazione per il coraggio e la determinazione mostrate nel salvare la moneta unica e le riserve per alcune scelte poco condivise.
Ad esempio la Süddeutsche Zeitung titola significativamente Grazie, signor Draghi! ricordando come il presidente della Bce negli otto
anni del suo mandato ha spesso subìto critiche personali scorrette. Certo, non si può dire che avesse una particolare dote della
comunicazione, ma la sua politica è stata giusta e, anche se a molti tedeschi non piace, resterà espansiva ancora a lungo.
Die Zeit invece spiega come fin dall’inizio la ‘missione’ di Draghi era il salvataggio dell’euro, ed è merito suo che la moneta comune è
sopravvissuta. Ma è riuscito anche in un’altra impresa: ha trasformato la Bce, una piccola organizzazione in parte improvvisata, in una delle banche centrali più potenti del mondo. «Con Draghi – spiega il giornale – la Bce ha ‘accompagnato’ l’economia europea attraverso la
crisi facendo il lavoro dei Governi e seppellendo i loro problemi sotto un mare di liquidità. Alla fine del mandato, però, questo ruolo
di governo economico ombra rappresenta anche il più grande problema» per gli anni a venire.
In otto anni di guida della Banca Centrale Europea, da novembre 2011 a ottobre 2019, Mario Draghi ha portato con sé una rivoluzione che è passata attraverso 10 tappe, tra cui la celebre frase di Londra ‘whatever it takes’ e l’ideazione e lancio del Quantitative Easing. Ricordiamo le tappe più significative:
Novembre 2011: il nuovo presidente della Bce esordisce ‘con il botto’, iniziando il mandato con una politica aggressiva sui tassi di
interesse. Nel giorno del suo debutto, con la motivazione di unaprevisione dell’inflazione in calo, il Consiglio dell’Eurotower li
sforbicia di 0,25 punti, portandoli a 1,25%.
Dicembre 2011: da Draghi doppia mossa nel mese successivo al suo inizio mandato. La Bce taglia nuovamente i tassi di interesse di 0,25
punti e li porta all’1%. E intanto, vengono lanciati i ‘piani di rifinanziamento a lungo termine’, le Ltro, che consistono in prestiti
speciali alle banche per far affrontare la crisi.
Luglio 2012: di tutto il mandato di ‘super Mario’, forse quella pronunciata a Londra in un discorso sarà la frase più celebre e
ricordata. E’ quel ‘whatever it takes’, tutto il necessario che la Banca Centrale Europea metterà in campo per preservare l’euro. E
Draghi la completa con credetemi, sarà sufficiente, tracciando così senza più ombra di dubbio quale sarà la politica monetaria
dell’Eurotower per gli anni a venire.
Gennaio 2015: il punto ‘più alto’ di Draghi alla guida della Banca Centrale Europea, che amplierà però le divisioni con la Germania. Viene annunciato il Quantitative Easing, il programma di acquisto dei titoli pubblici per 60 miliardi al mese, che prenderà il via in estate.
Adesso per Draghi si apre una nuova era, molti lo tirano per la giacca confidando in lui per dare una svolta alla politica italiana; soprattutto ci provano le sinistre crollate nelle ultime competizioni elettorali e rimesse in sella da Mattarella, che adesso potrebbe trovarsi in difficoltà enorme vista l’avanzata prepotente di Salvini e della destra, alla quale il siculo presidente non ha mai finora voluto affidare l’incarico di formare un governo. Ma il bancjiere centrale per ora, giustamente, si schermisce, meglio non lasciarsi coinvolgere nel marasma della politica nazionale.