Concordia, i periti accusano Schettino e lui dà la colpa al timoniere
GROSSETO – «Il timoniere ritardò la manovra di 13 secondi ma l’impatto ci sarebbe stato ugualmente»: così l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, a capo dei periti del gip che nel 2012 eseguirono l’incidente probatorio sulla Concordia, ha risposto al primo dei tre quesiti posti in aula dai giudici di Grosseto alla ripresa, stamani, del processo che vede imputato Francesco Schettino.
Il collegio ha proposto tre domande precise ai periti: quanto incise nel naufragio della Costa Concordia l’errore del timoniere indonesiano Jacob Rusli Bin nell’esecuzione dell’ordine di Schettino vicino al Giglio; quanto incise l’avaria ai generatori di emergenza sugli altri apparati della nave; come funzionarono le pompe di emergenza e le porte stagne.
Dopo l’impatto contro gli scogli dall’esame della scatola nera non risulta che siano stati dati ordini per correggere i timoni, non ci furono manovre alternative, hanno reso noto i periti del gip in aula rispondendo al quesito dei giudici sul generatore di emergenza. Schettino si è sempre difeso dicendo che aveva compiuto una manovra dopo l’impatto per avvicinare la nave al porto.
Ma Schettino, intervenendo in aula, non ci sta e dà la colpa al timoniere indonesiano di non aver eseguito correttamente i suoi ordini. «Nel momento in cui ho chiesto al timoniere di mettere i timoni a sinistra, l’errore è stato di non farlo in quel momento la nave aveva un’accelerazione a destra -ha detto l’ex comandante- Se non ci fosse stato l’errore del timoniere non ci sarebbe stato quello schiaffo».
«Con l’effetto del timone a sinistra volevo far ridurre la velocità angolare della poppa, favorendo l’avanzo (della nave) rispetto alla rotazione davanti agli scogli. Ma il timoniere non eseguì correttamente l’ordine, mise il timone al contrario e urtammo» ha detto Francesco Schettino ai giudici di Grosseto.
La difesa di Schettino ha insistito su una nuova perizia a bordo della Costa Concordia. «La nave sarebbe dovuta affondare verticalmente. Bisogna capire perché questo non è avvenuto –ha detto l’avvocato Francesco Pepe, uno dei legali di Schettino, rilanciando la necessità di nuovi accertamenti tecnici sulla Concordia.
«Fare una perizia a bordo della nave è ora possibile. Parti della nave sono venute a galla e ci si può cominciare a lavorare –ha spiegato l’avvocato Pepe- Già dalla fase istruttoria chiediamo di poter effettuare direttamente nostre perizie sulla nave. Potremo accertare la verità e capire quanto accaduto solo dopo una serie di nuove perizie su apparati come, per esempio, i generatori di emergenza, le porte stagne, il funzionamento dei bracci delle scialuppe di salvataggio».