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Torna la polemica sul finanziamento ai partiti. Tutte le regole hanno fallito

ROMA – Da oltre vent’anni si discute di finanziamento ai partiti, con iniziative legislative che nel tempo hanno profondamente cambiato le regole, senza per questo riuscire a risolvere fino in fondo il problema degli illeciti.

Da ultimo ci ha provato la legge anti-corruzione, anche detta Spazzacorrotti dal M5S, che e’ in vigore dall’inizio di quest’anno e interviene anche sul tema dei partiti e delle Fondazioni. Naturalmente, pero’, la normativa non ha valore retroattivo, ed e’ per questo che ora si parla di una eventuale commissione parlamentare per fare luce sul passato. Un passato recente, che tuttavia affonda le radici nell’era di Tangentopoli quando, sull’onda del processo Mani pulite, nel 1993 i Radicali proposero il referendum sull’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti, approvato a furor di popolo con oltre il 90% dei consensi. Da allora, il dibattito ha accompagnato con alterne vicende il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica ma, non ha mai smesso di essere motivo di scontro politico.

Dopo il risultato referendario ci vollero anni prima che il Parlamento si risolvesse a battere un colpo. Soltanto nel 1999, infatti, entro’ in vigore la legge che aboli’ il finanziamento pubblico. O meglio, lo trasformo’ in rimborso elettorale, reintroducendo di fatto l’erogazione di denaro pubblico, senza peraltro vincolare il computo dei rimborsi alle spese effettivamente sostenute dai partiti in campagna elettorale. In pratica, “fatta la legge, trovato l’inganno”, come si affannarono a ripetere invano gli oppositori. Almeno fino al dicembre 2013, quando il governo Letta approvo’ l’eliminazione totale del finanziamento pubblico. Il decreto fu convertito in legge a febbraio 2014, prevedendo una riduzione graduale da sostituire con agevolazioni fiscali per la contribuzione volontaria dei cittadini, attraverso detrazioni per le donazioni e la destinazione volontaria del 2 per mille dell’Irpef. La legge, inoltre, dispone l’obbligo di certificazione esterna dei bilanci dei partiti, il cui accesso alle contribuzioni viene condizionato al rispetto dei riquisiti di trasparenza e democraticita’. Quanto alla gradualita’, la riduzione del finanziamento ammontava a 25% nel 2014, al 50% nel 2015, al 75% nel 2016, per entrare a regime nel 2017.

Un ulteriore giro di vite fu tentato poi nel 2016 con la proposta di legge firmata da Matteo Richetti (Pd), che puntava a una riforma complessiva dei partiti in termini di trasparenza democratica e di finanziamento. Il M5s sposo’ inizialmente la causa, ma nel giro di pochi mesi la legge si areno’ tra le recriminazioni incrociate dei partiti sostenitori. Si arriva cosi’ a dicembre 2018, quando la maggioranza giallo-verde ha approvato la legge anti-corruzione entrata in vigore a gennaio di quest’anno. Tra le novita’ per i partiti, una stretta sulla donazioni, con l’obbligo di pubblicare on line il nome di chi dona importi superiori a 500 euro annui (fatte salve le feste di partito, come richiesto da Pd e Lega), e norme piu’ stringenti sulle dichiarazioni dei redditi di parlamentari ed esponenti di governo, obbligati a rendere pubbliche tutte le donazioni ricevute superiori a 500 euro annui. Una stretta, inoltre, e’ prevista anche per le Fondazioni, che vengono equiparate a partiti politici, e sottoposte quindi agli stessi obblighi di trasparenza. Ma la norma non riguarda le societa’ collegate a partiti e movimenti.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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