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Legittimità contributo di solidarietà sulle pensioni alte. Ne discuterà la Corte dei Conti Toscana

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ROMA – La Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi sulla legittimità del contributo di solidarietà introdotto per il quinquennio 2019-2023 sulle pensioni erogate dall’Inps di importo complessivamente superiore a 100 mila euro annui e sulla contrazione dell’indicizzazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo sino al 2021. La questione di legittimità costituzionale relativa ai due passaggi critici della Legge 145/2018 (legge di bilancio per il 2019) è stata sollevata per prima dalla Sezione Regionale della Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia con l’Ordinanza numero 213 del 17 Ottobre 2019 (GU. 48/2019).

Ma vi sono altre Sezioni regionali della Corte dei Conti, alle quali sono stati presentati ricorsi dai pensionati interessati, che dovranno esprimersi in proposito, e una delle prime potrebbe essere quella Toscana, alla quale sono stati presentati ricorsi da molti titolari di assegni alti, colpiti dalla scure del governo gialloverde.

In attesa delle decisioni delle altre sezioni della magistratura contabile, ricordiamo cos’è il prelievo di solidarietà, contestato dai pensionati ricorrenti, e quali sono state le conclusioni della prima decisione in materia, quella della sezione della Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia.

I giudici nell’ordinanza di rimessione mettono in discussione in primo luogo il nuovo contributo di solidarietà di cui all’articolo 1, co. 261 della legge 145/2018 sulle pensioni i cui importi complessivamente considerati superino 100.000 euro lordi su base annua (la riduzione, prevista su scaglioni progressivi, oscilla da un minimo del 15% sino a raggiungere il 40%). Tre le ragioni che per la Corte meritano un nuovo pronunciamento della Consulta. Secondo i giudici contabili il contributo deliberato dal legislatore non può inscriversi nel perimetro tracciato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 173/2016, (con la quale è stata positivamente esaminata l’omologa misura, disposta con l’art. 1, comma 486, della n. 147/2013 per il triennio 2014-2016) in quanto mancherebbe la destinazione delle risorse recuperate tramite l’intervento al finanziamento di misure di solidarietà nel settore previdenziale.

La Corte ravvisa pure la violazione del carattere di necessaria temporaneità della misura considerando che il prelievo giunge poco dopo la scadenza dell’ultimo contributo di solidarietà (imposto per il triennio 2014/2016). Ed infatti nell’ordinanza si cita il caso di un soggetto andato in pensione nel 2014 che si troverebbe a percepire – in un decennio – la pensione intera unicamente per due anni (2017 e 2018).

La Corte prende in esame anche il meccanismo di perequazione, e, nell’ordinanza la Sezione impugna anche il meccanismo di rivalutazione delle pensioni contenuto nella medesima legge di bilancio per il 2019 (art. 1, comma 260, legge n. 145/2018) con il quale il legislatore ha compresso per il triennio 2019 – 2021 l’indicizzazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo inps (circa 1.500 euro lordi al mese).

La Corte ravvisa, a tale riguardo, la violazione dei precetti affermati nella decisione della Corte Costituzionale numero 70/2015 (con la quale è stato bocciato parzialmente il blocco della perequazione previsto nella Riforma Fornero), secondo cui “la sospensione a tempo indeterminato del meccanismo perequativo, ovvero la frequente reiterazione di misure tese a paralizzarlo “esporrebbero il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità”, poiché risulterebbe incrinata la principale finalità di tutela, insita nel meccanismo della perequazione, quella che prevede una difesa modulare del potere d’acquisto delle pensioni”.

La parola ora passa alla Consulta che dovrà, quindi, scrutinare (nuovamente) la legittimità dell’intervento del legislatore.

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