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Scuola, il 7 gennaio, salvo sorprese, si torna in classe fra le polemiche
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In base all’ordinanza del Ministro della Salute, dal 7 al 15 gennaio la metà dei ragazzi potrà, a turno, ritornare finalmente in classe. L’ordinanza, firmata il 24 dicembre, prevede che «ai fini del contenimento dell’epidemia da COVID-19, le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado adottano forme flessibili nell’organizzazione dell’attivita’ didattica, in modo che, dal 7 gennaio al 15 gennaio 2021, sia garantita l’attivita’ didattica in presenza al 50 per cento della popolazione studentesca. La restante parte dell’attivita’ e’ erogata tramite la didattica digitale integrata». Nella Gazzetta Ufficiale si specifica anche che l’ordinanza “produce effetti dal giorno successivo alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e fino al 15 gennaio 2021”.
Il sindaco Nardella non ha gradito questa limitazione: «bisognava confermare il 75% in presenza; questa marcia indietro denota una certa fragilità, una paura di fallire. Non dobbiamo aver paura di fallire di fronte al tema della scuola, credo che sia una priorità per il Paese».
Se la situazione epidemiologica non peggiorerà, successivamente si potrà arrivare fino al 75% di presenza a scuola. Ogni prefettura ha predisposto un suo piano provinciale, a seconda delle esigenze, ma tutti seguono queste indicazioni.
La prefettura di Firenze il 22 dicembre scorso ha messo a punto il piano di riordino del trasporto pubblico in vista della riapertura. Il problema dei trasporti è stato risolto prevedendo 47 bus aggiuntivi nel circuito extraurbano, quattro dei quali avranno la funzione “jolly”, potranno cioè essere utilizzati in base alle necessità del momento. Ci saranno servizi di ‘tutoraggio’ alle fermate e davanti alle scuole per evitare assembramenti, con il coinvolgimento delle associazioni di volontariato, protezione civile e personale delle società di trasporto. Sarà potenziata la vigilanza da parte della polizia statale e locale.
Gli orari Ingressi e uscite sfalsati ma mai di pomeriggio Ogni scuola, coordinandosi con il sistema di trasporto pubblico locale e in modo da non interferire con gli istituti vicini, ha stilato un calendario in cui sono riportati gli orari di ingresso e uscita degli studenti. Se l’indicazione, per tutti, era quella di sfalsare le entrate in modo da evitare la formazione di capannelli di ragazzi davanti al portone, gli istituti in generale hanno preferito che la forbice non fosse troppo ampia, cosi da non intaccare i pomeriggi. La maggior parte delle scuole superiori della Toscana ha quindi optato per ingressi dalla cadenza di circa cinquanta minuti garantendo allo stesso tempo agli alunni di far rientro a casa non oltre le 15. v.s.
In ambito nazionale permangono fiere critiche dei sindacati; Flc-Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda hanno lamentato una esclusione delle parti in causa e un eccesso di potere al Viminale. «Non sfugge a nessuno che il DPCM, nello spostare il centro delle decisioni dai tavoli per la sicurezza nelle scuole ai tavoli prefettizi, esautora contemporaneamente Regioni, Amministrazione Periferica dello Stato e Parti Sociali dalle proprie competenze costituzionali e istituzionali e affida al Ministero degli Interni la gestione della ripresa dell’attività scolastica».
I Presidi della Toscana lanciano però l’allarme: «A oggi non abbiamo ancora alcuna certezza. La sensazione è che si proceda per tentativi. Ogni giorno il governo cambia idea. Abbiamo dovuto smontare e rimontare i nostri piani decine di volte. Si, perché prima delle vacanze di Natale l’indicazione di massima era di far tornare la didattica in presenza al 75%, mentre adesso l’ultima ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza recita che, almeno fino al 15 gennaio, non potranno tornare in classe più del 50% degli studenti. Per giorni abbiamo lavorato su dei numeri che ora sono stati stravolti — denuncia Alessandro Artini, presidente toscano dell’Associazione nazionale presidi —. Le famiglie, giustamente, vogliono delle risposte. Viene da chiedersi in che misura questi cambiamenti repentini siano effettivamente dovuti a esigenze di natura sanitaria, o dipendano piuttosto dalla lentezza del sistema politico. Non vorrei che la scuola pagasse il prezzo delle mancate riforme in altri settori come ad esempio i trasporti».
Il piano nazionale è poi avversato da alcuni Governatori (non è certo una novità), a cominciare da quello della Campania, Vincenzo de Luca. L’assessore regionale all’Istruzione, Lucia Fortini, ha dichiarato all’Ansa: «Il 7 gennaio riprenderemo con le prime e le seconde elementari, poi valuteremo la curva dei contagi, ricominceremo lo screening degli alunni e avvieremo una riapertura graduale». L’iter della Giunta campana prosegue poi dall’11 gennaio con “la riapertura di tutte le classi della scuola primaria, poi dal lunedì successivo, il 18 gennaio, tutte e tre le classi della secondaria di primo grado e dal lunedì 25 la secondaria di secondo grado”.
Più collaborative le altre regioni, ma resta il fatto che, fra litigi di ministri e ministeri da una parte, sindaci e governatori dall’altra, ancora una volta dovranno essere i prefetti a cavare le castagne dal fuoco. E scommettiamo che se la caveranno bene.