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Concordia, nuove accuse per Schettino

Concordia, stagista: «Schettino se ne era andato di testa»

Concordia, nuove accuse per Schettino
Concordia, nuove accuse per Schettino

GROSSETO – «Dissi di Schettino ‘se ne è andato, se ne è andato’, ma non intendevo fisicamente dalla nave, mi riferivo al fatto che se ne era andato di testa, era giù di morale, l’avevo visto molto scosso sugli scogli mentre la nave affondava» racconta il testimone Salvatore Ursino al processo sul naufragio della Costa Concordia spiegando in aula il senso di alcune intercettazioni ambientali che i carabinieri raccolsero in una saletta della caserma di Orbetello il giorno dopo il naufragio.

Questi audio, proposti in aula dal pm Stefano Pizza, riportano i commenti di Ursino con altri testimoni e indagati in attesa di essere sentiti dai carabinieri. Ursino nella deposizione ha anche detto che «Schettino lasciò la nave mentre a bordo c’erano altri passeggeri». Riprendendo i commenti intercettati, Ursino ha confermato di aver valutato il naufragio «una cosa allucinante, la gente se le cerca. Stavamo morendo tutti per la richiesta assurda fatta da un maitre, la nave stava affondando e si parlò di black out».

«Lasciai la nave con il comandante e altri membri dell’equipaggio. Eravamo su una lancia, con passeggeri, che si era incastrata e che riuscimmo a liberare dai bracci di acciaio. Ci allontanammo poco prima che la nave si abbattesse sopra di noi. Raggiungemmo il Giglio, la scialuppa su cui eravamo si schiantò sugli scogli» ha detto in aula l’ufficiale stagista ricostruendo la fase in cui lasciò la nave e ritrovò, dopo aver assistito all’urto dalla plancia, Schettino. Ursino ritrovò Schettino e altri ufficiali al ponte 3, poiché al ponte superiore l’inclinazione della nave impediva di imbarcarsi sulle scialuppe. «Eravamo a centronave, nella zona prodiera, c’erano due imbarcazioni incastrate, non liberate dai bracci di acciaio -ricorda il teste- C’era molta gente dentro, passeggeri. Trovai in quella parte della nave altri membri dell’equipaggio, fra cui il comandante Schettino. Tutti ci adoperammo per disincastrare le lance in tutti i modi, anche con calci e pugni, mentre la nave sbandava ancora, si inclinava e tutti rischiavano di fare la fine dei topi. Appena possibile andammo sul tetto di una lancia, chi saltandoci, chi scivolandoci. C’ero io e altri membri dell’equipaggio. C’era anche Schettino, che ordinò al timoniere di mandare i motori. La scialuppa andò poi a schiantarsi sugli scogli, sbarcammo e Schettino rimase a guardare l’affondamento della nave».

Per la difesa di Schettino, tramite l’avvocato Francesco Pepe, «il racconto di Ursino dimostra che Schettino non abbandonò la nave, anzi ha salvato venti persone (i passeggeri sulla scialuppa) e rischiò insieme agli altri membri dell’equipaggio di essere travolto dalla Concordia che si piegò sul lato dove si trovava la lancia disincastrata in extremis dagli ancoraggi».


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Massimiliano Mantiloni

Giornalista

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