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Le mamme di Viareggio: i nostri bambini vittime del lockdown

La spiaggia di Viareggio (Fabio Muzzi ANSA)

Anche una cronista in prima linea, come la sottoscritta, si sente in dovere di fare proprio un appello che sale dal territorio, ossia dalla gente che si dibatte nelle restrizioni dovute dalle zone rosse o arancioni. Gli asili e le scuole, diciamolo francamente, non sono mai state considerate questioni da affrontare come priorità assolute da governanti e amministratori da quando è esplosa. E’ il momento di rendersene conto. E per contribuire al dibattito faccio mia la lettera della mamme di Viareggio, che si seguito pubblico:

«Viareggio – si legge – è tornata ad essere zona rossa e a farne le spese non sono solo i lavoratori e le persone coinvolte nelle attività produttive; a pagarne amaramente il prezzo c’è un esercito silenzioso o, meglio, un esercito che una voce ce l’ha, una voce fresca ed argentina che non sa come alzarsi se non, alle volte, in pianto, ma è una voce che troppo spesso non viene ascoltata: è quella dei bambini e delle bambine. Tra le categorie più colpite da questa pandemia ci sono proprio loro!

Un esercito che ha imparato ad usare mascherine e disinfettante, a non giocare per strada, a non avvicinarsi ai coetanei, a non dividere la merenda, a non condividere giochi, penne, colori. Un esercito che ha imparato a non correre per non sudare per non rischiare di avere il raffreddore; un esercito che deve stare lontano dagli anziani, sottrarsi ai baci e alle carezze dei nonni, ma, così facendo, anche dai racconti e dalla memoria. Sono i bambini che, ordinati ed ubbidienti, entrano a scuola in fila facendosi misurare la temperatura e con il volto coperto dalle mascherine.

Sono i bambini a cui abbiamo insegnato ad avere timore degli estranei, a non condividere la propria casa con gli amici, a non fare sport, a non andare nei parchi giochi, ma piuttosto a comunicare tramite i social, a dover essere sempre attaccati ad un Pc o ad un telefono per poter interagire con i compagni, e ad avere la playstation come babysitter.

Poi ci sono anche i bambini che – bisogna dirlo – hanno la possibiltà di mangiare solo se frequentano le mense scolastiche, o quelli per i quali la scuola è l’unico luogo sicuro in cui andare. Ci sono i bambini di quelle donne che subiscono maltrattamenti casalinghi e, come tutti sappiamo, il numero di queste donne, di queste mamme, è fortemente aumentato durante gli ultimi dodici mesi e, ad assistere, chiusi tra le mura domestiche, ci sono sempre loro: i bambini.

Ci sono anche i bambini delle famiglie medie, quelle considerate “normali” in cui, però, tra soldi che mancano e futuro incerto, il nervosismo e le liti si sono fatte più frequenti.

Quanto farebbe bene a tutti questi bambini avere un luogo protetto in cui ritrovarsi con i coetanei!

Infine ci sono i bambini speciali che necessitano dei compagni e del confronto, come dell’aria per respirare, per i quali non andare a scuola significa molto, perchè vuol dire perdere un’ importantissima possibilità di gioia.

A scrivere questo articolo – si legge nella conclusione – è un numeroso gruppo apartitico nato spontaneamente in questi ultimi giorni; un gruppo di genitori a cui piange il cuore nel vedere i propri figli, le proprie figlie, crescere sempre più annoiati della vita stessa, privati di molti degli stimoli a loro necessari, e senza terreno fertile per far volare alte le fantasie e i sogni; auspichiamo di riuscire a diventare un movimento vero e proprio a cui possa unirsi qualsiasi genitore che abbia voglia di lottare affinché i diritti dei figli vengano rispettati ed affinché si torni al più presto ad una scuola in presenza».


Gilda Giusti

Redazione Firenze Post

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