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Caso Floyd: condannato a 22 anni l’agente Derek Chauvin. Biden: «Sentenza appropriata»

Sentenza Omicidio Floyd
EPA/JUSTIN LANE

WASHINGTON – Derek Chauvin, l’agente che ha ucciso George Floyd, è stato condannato, ieri 25 giugno, a 22 anni e mezzo di carcere, in una sentenza che lascia molti delusi e amareggiati perché la ritengono troppo debole. La famiglia e i legali di Floyd avevano chiesto la massima pena, ovvero 30 anni di carcere. Gli avvocati di Chauvin avevano prima tentato la strada della libertà vigilata, poi si sono arresi e hanno chiesto una sentenza leggera basata sulla legge. Il giudice Peter Cahill prima di pronunciarsi ha chiarito di aver deciso «non sulla scia delle emozioni e della simpatia, ma sui fatti. La mia decisione è accompagnata a un memorandum di 22 pagine che la spiega e non vuole essere un messaggio a nessuno», ha aggiunto.

Chauvin, presente in aula dopo due mesi trascorsi in cella di isolamento, è rimasto imperterrito. Giacca e cravatta grigio chiaro, ha avuto il volto coperto dalla mascherina per quasi tutta l’udienza. L’ha rimossa solo per parlare: dopo essere rimasto in silenzio per tutte e sei le settimane del processo, l’ex agente ha infatti preso brevemente la parola e si è rivolto alla famiglia di Floyd, presentando le sue condoglianze con la voce tremante e palesemente scosso.

Prima di lui si era rivolta al giudice e al pubblico sua madre, Carolyn Pawlenty. «Lo hanno descritto come aggressivo, incurante e razzista. Ma voglio dirvi che non è così: è una brava persona», ha detto Pawlenty. La donna poi si è rivolta fra le lacrime direttamente al figlio: «Derek ho sempre creduto alla tua innocenza. Sei il mio figlio preferito». A rivolgersi al giudice Cahill è stata anche la famiglia di Floyd, a partire dalla figlia di sette anni Gianna, collegata via video. A chi le chiedeva cosa direbbe al padre, la bimba ha risposto: «Gli direi che mi manca e che gli voglio bene». Decine di persone attendevano la sentenza fuori dal tribunale di Minneapolis, sventolando la foto di George Floyd e urlando a squarciagola Black Lives Matter.

«Non cerchiamo vendetta, guardiamo solo alla gravità di quanto accaduto», ha detto il procuratore del Minnesota, Keith Ellison, prima della sentenza. Il riferimento è al video shock che ha documentato gli ultimi nove minuti di vita di Floyd il 5 maggio del 2020 e che ha fatto il giro del mondo, spingendo migliaia di persone in piazza negli Stati Uniti per manifestare contro la polizia violenta e razzista. Proteste che mandarono su tutte le furie l’allora presidente Donald Trump, convinto che bisognasse usare il pugno duro contro i manifestanti. «Dovremmo spaccargli la testa, ecco come dovremmo trattarli. Sparate», avrebbe detto il tycoon durante i giorni caldi dell’estate del 2020, premendo per l’intervento dell’esercito. La sentenza chiude un caso che ha scosso l’America ma delude tutti coloro che voleva quella che – a loro avviso – sarebbe stata una sentenza esemplare, ovvero la massima pena per un atto violento e ingiustificato. L’amarezza è palese fuori dal tribunale e si contrappone all’urlo di gioia che era seguito al verdetto di colpevolezza della giuria. la battaglia di Black Lives Matter – assicurano i manifestanti – va avanti, questo è solo l’inizio. «Non sono a conoscenza di tutte le circostanze che sono state considerate ma la sentenza sembra appropriata», il commento del presidente Joe Biden.



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