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Migranti, rifugiati e diritto d’asilo: Chiesa e Italia fanno la loro parte, le istituzioni internazionali latitano

In occasione della Giornata internazionale del migrante, istituita 21 anni fa dall’Assemblea generale delle Nazioni unite il 18 dicembre, è interessante riflettere sulle valutazioni di padre Fabio Baggio, missionario scalabriniano sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio allo Sviluppo umano integrale.

Il 3,6% della popolazione mondiale è in movimento, per decisione volontaria o perché costretta, in cerca di migliori condizioni di vita, di lavoro, di protezione dei propri diritti, di un riparo da guerre, disastri, persecuzioni, perché teme per la propria sopravvivenza. Molti di questi componenti della famiglia umana lasciano il loro Paese, tanti addirittura il loro continente, chi trovando accoglienza e chi trovando, invece, muri e indifferenza, se non ostilità. In occasione della 107esima Giornata Mondiale del Migrante del Rifugiato, il Pontefice nel suo messaggio aveva lanciato questa esortazione: “A tutti gli uomini e le donne del mondo va il mio appello a camminare insieme verso un ‘noi’ sempre più grande, a ricomporre la famiglia umana, per costruire assieme il nostro futuro di giustizia e di pace, assicurando che nessuno rimanga escluso. Il futuro delle nostre società è un futuro ‘a colori’, arricchito dalla diversità e dalle relazioni interculturali. Per questo dobbiamo imparare oggi a vivere insieme, in armonia e pace.

Secondo i dati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, nel 2020 si contavano 281 milioni di migranti internazionali. Oltre la metà di questi, il 52%, in Europa e in Nord America, e 177 milioni (62%) provenienti da Paesi di medio reddito. Da vent’anni – tra il 2020 e il 2020 – però si assiste a un aumento proporzionale nella provenienza dai Paesi a basso reddito. La metà delle persone migranti risiede poi nella medesima regione del mondo, per esempio il 70% dei migranti europei resta nel Vecchio Continente mentre il 63% dei migranti subsahariani si sposta sempre nella zona dell’Africa subsahariana.

Nel ventennio preso in esame nel rapporto International Migrant Stock 2020 del Dipartimento di Economia e Affari Sociali delle Nazioni Unite, i principali Paesi di destinazione non sono variati molto. Ricorrono infatti gli Stati Uniti, la Federazione russa, la Germania, il Regno Unito, la Francia, l’Arabia Saudita, il Canada e l’Australia, con le sole variazioni di Spagna e Emirati Arabi Uniti che nel 2020 prendono il posto di Ucraina e India. Per quanto riguarda le partenze, si rileva invece un aumento del numero di persone migranti dall’Asia.

Nel macro-fenomeno della mobilità umana, si comprendono anche la migrazione interna e gli Internally dispiace persons. La prima, nel 2010, riguardava 740 milioni di persone, secondo dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), e sarebbe dovuta, nei Paesi in via di sviluppo o basso reddito, a conflitti o alle difficoltà di accesso al bene comune. Gli Idp, cioè gli sfollati interni, sono quelle persone costrette a lasciare la propria casa in seguito a scontri o disastri naturali senza però attraversare un confine internazionale riconosciuto. A dicembre del 2020 se ne contavano oltre 48 milioni, 12,2 dei quali in Estremo Oriente e nell’area del Pacifico, 9,6 in Asia meridionale, 11,1 milioni nell’Africa sub sahariana.

Infine ci sono i rifugiati e i richiedenti asilo. Da settant’anni, la protezione internazionale – la sicurezza e il godimento dei diritti umani fondamentali – dei rifugiati è il cuore del mandato dell’agenzia Onu. Al dicembre 2019 i rifugiati erano 21 milioni di persone, 4,4 milioni i richiedenti asilo. Il 68% dei rifugiati proveniva da cinque Paesi. La Siria, dilaniata da un conflitto che va avanti da dieci anni, il Venezuela, l’Afghanistan, il Sud Sudan e Myanmar. Il 73% era ospitato dai Paesi confinanti, cioè Turchia, Colombia, Pakistan e Uganda, più la Germania. Nel 2020, su 1,4 milioni di persone in urgente bisogno, ne sono state ricollocate 22.800, in 25 Paesi.

Una disamina completa e documentata fatta dal responsabile del dicastero vaticano competente in materia, che esprime correttamente la posizione della Santa Sede, valutando la questione in una prospettiva molto più ampia di quella italiana. Si Tratta di un problema che dovrebbe essere risolto dalle organizzazioni internazionali, Onu e UNHCR in testa, che invece si limitano a lanciare periodicamente inutili appelli e richieste d’intervento agli Stati considerati ricchi, senza incidere direttamente sul problema. Mentre i trafficanti di uomini, come più volte ribadito da Papa Francesco, si arricchiscono sulla pelle dei migranti che cercano una vita migliore e le Ong moltiplicano le loro attività di salvataggio e trasporto in luogo sicuro ( normalmente in Italia) di presunti naufraghi.

Il problema richiederebbe una strategia molto più ampia di quella italiana (che subisce l’immigrazione incontrollata) ed europea (che non riesce a mettere d’accordo i 27 Stati membri su una politica di aiuto e di accoglienza comune). La Chiesa fa la sua parte, il Pontefice spesso esagera nelle sollecitazioni di accoglienza indiscriminata e senza limiti, l’Italia, vaso di coccio, cerca di fare la sua parte. Ma pesa come un macigno l’inconsistenza e l’inutilità dell’azione delle organizzazioni internazionali.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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