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Psichiatra uccisa, il compagno: “Eri la nostra Kangurina, piccina ma un vero gigante”

Barbara Capovani

Michele Bellandi, compagno di Barbarara Capovani, la psichiatra uccisa da un ex paziente fuori dal Santa Chiara di Pisa, in un lungo post su Facebook la ricorda: “Eri cosi piccina, con quel tuo corpicino esile ma anche forte e scattante: un moto perpetuo, quasi impossibile da fermare, tanto che in famiglia ti avevamo soprannominata Kangurina (con la K). Piccina, è vero, ma in realtà un vero gigante: entravi in punta di piedi nella vita degli altri e gliela cambiavi per sempre”.

E ancora: “Il tuo coraggio ed il tuo intuito, la tua voglia di aiutare ti rendevano in grado di capire le situazioni e trovare soluzioni sempre e per tutti. Cosi in un attimo diventavi un punto di riferimento”.

Quindi il passaggio personale: “Amore mio, non so neanche da dove iniziare, come fare a dire delle cose che possano renderti giustizia, che possano far, se non capire, almeno intuire chi era Barbara. La poliedricità della tua personalità, le sue infinite sfaccettature e allo stesso tempo la tua gentile semplicità che ti rendeva accessibile ed aperta a tutti. E’ buffo, per tanti anni hai lavorato al dipartimento delle dipendenze: ma nessuna droga ne dava di più della tua presenza. Persino per i tuoi amati cani, sempre ipnotizzati dal tuo sguardo profondo e penetrante”.

Barbara al Lavoro: “La tua dedizione al lavoro poi era totale – ricorda ancora il compagno -. Non facevi il medico, eri nata medico”, “la tua era una missione in cui hai sempre dato tutta te stessa”, “Ciò che ti guidava, come mi dicevi spesso, era ‘fare la cosa giusta, se cerchi di fare la cosa giusta tutto diventa più semplice’. Certo eri anche testarda e di una determinazione incrollabile ma soprattutto coraggiosa. Nessuna minaccia, nessuna offesa, ti scalfiva” e “non agivi mai per interesse personale ma solo con l’idea e la preoccupazione di far star bene i tuoi pazienti, proteggere I tuoi colleghi, appunto con l’idea di ‘fare la cosa giusta. Soprattutto – scrive ancora Bellandi – eri la nostra stella cometa, eri la luce della famiglia”.

Quindi la commovente conclusione: “Ci dicevamo spesso che da soli saremmo stati due ‘disgraziati’, ma che insieme eravamo invincibili. Spero di trovare la forza per continuare ad esserlo anche senza di te al mio fianco, soprattutto per prendermi cura di ciò che era la tua preoccupazione più grande: ‘I tuoi bambini’. Grazie per avermi accettato incondizionatamente, cosi come sono, ben conscia di tutti i miei difetti; grazie per tutto quello che mi hai insegnato e per aver lasciato a me e a tutti noi un esempio indelebile. Amore mio tu sarai qui, con noi, per sempre”.


Gilda Giusti

Redazione Firenze Post

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