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Meloni-Macron: nuovi passi avanti. “Anche sui migranti”, fa sapere la Premier

PARIGI – La foto ufficiale li ritrae come due fidanzati che si ritrovano e si abbracciano dopo un litigio. Invece da quell’abbraccio scaturisce una specie di patto d’onore: “D’ora in poi faremo di più e meglio”, giurano Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron.

In sostanza è una ripartenza quella che va in scena all’Eliseo, dove Emmanuel Macron accoglie Giorgia Meloni alla sua prima visita a Parigi da quando ha assunto la guida dell’Italia, otto mesi fa. Le divergenze, ammette con pragmatismo il presidente francese, ci sono state e ci saranno ma i legami tra Italia e Francia sono tanti e tali, “una storia più profonda di noi”. E gli “interessi delle nazioni”, dice anche la premier, vengono prima di tutto. Quindi ora è il momento di “collaborare”, di andare avanti sui dossier, dal patto di stabilità alla Tunisia, su cui è più facile trovare “convergenza”.

Di convergenze su sfide comuni parla l’Eliseo, anche se sull’Expo 2030 le strade di Roma e Parigi divergono con i francesi che puntano sulla candidatura di Riad e Giorgia Meloni che si appella agli altri paesi per tenere alte le speranze italiane a favore della nostra Capitale. Le distanze dunque, restano, e la diffidenza, reciproca, pure. Ma i due entrano insieme nel salone Murat dell’Eliseo, decorato peraltro con vedute di Roma (il Tevere, e la colonna Traiana), si scambiano qualche sguardo mentre parlano, e poi lasciano a braccetto la sala per chiudersi nello studio del bilaterale. Macron la osserva con attenzione mentre Meloni fa le sue dichiarazioni alla stampa prima del tanto atteso bilaterale formale. Accenna un segno di assenso quando la premier parla di Patto di stabilità e anche quando ripete, lo fa in ogni occasione, che bisogna trovare alternative per porre fine alla “schiavitù del terzo millennio”, con la lotta agli scafisti e la collaborazione coi paesi di partenza e di transito dei migranti. Per garantire, ama dire la premier, anche il “diritto a non migrare”.

L’appuntamento ufficiale è alle 17.30. L’arrivo di Meloni slitta di un quarto ma questa volta a causa dei ritardi nella riunione del Bureau des expositions universelles, la motivazione che ha portato la premier a Parigi. “Portiamo insieme la storia nel futuro”, l’appello che lancia ai 179 delegati per convincerli a portare a Roma l’Expo 2030. Appello che ripeterà in ambasciata la sera, con uno show animato dalla voce di Elisa. Ma la partita, sono tutti consapevoli, è difficilissima, anche perché Macron ha dato fin dall’inizio il suo sostegno alla saudita Riad. Sostegno che l’Eliseo conferma anche dopo l’ora e 40 che il presidente francese passa con la premier nel salone dorato al primo piano. In cui, riferisce Meloni, di Expo non si è proprio parlato.

Il cerimoniale modifica il programma iniziale perché nel cortile d’onore del palazzo presidenziale si sta allestendo un festival musicale: Macron accoglie la premier non ai piedi della scalinata ma nei giardini dell’Eliseo, poi un quarto d’ora di dichiarazioni alla stampa e un bilaterale che era previsto di un’ora e invece dura molto di più. Nelle intenzioni italiane si vuole mettere una pietra sopra gli scontri e le incomprensioni dei primi mesi. “Non è un nuovo inizio”, minimizza la premier, i rapporti sono sempre stati concentrati “sui contenuti”, anche perché la politica non è “una relazione tra ragazzini che litigano e fanno pace”. E “l’amicizia” tra Italia e Francia, suggellata dal Trattato del Quirinale, dice Macron citando anche la recente visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è quella “che mi interessa prima di tutto, quella che permette talvolta di far vivere le controversie, i disaccordi, ma in un quadro sempre rispettoso perché si iscrive in una storia più grande e profonda di noi”.

Sui migranti non si entra nel dettaglio, ma le parole che i due usano sono simili, concentrate su quella “difesa dei confini esterni” che è la richiesta portata avanti dall’Italia. E Macron spende parole di chiaro apprezzamento sulla postura dell’Italia nei confronti dell’aggressione russa a Kiev (“grazie per la tua grande chiarezza sull’Ucraina”). E l’intesa si può trovare anche sul Patto di Stabilità, per fare asse contro il rigore di Berlino (“siamo d’accordo che i parametri oggi sono inadeguati” e che gli investimenti “strategici non vanno trattati come gli altri”). Il colloquio però rimane sempre sui grandi temi, non si parla degli interessi di Vivendi in Italia e nemmeno di Tav, anche se gli sherpa, assicura, su questo stanno lavorando perché è fondamentale “procedere velocemente”.


Sandro Bennucci

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