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Ucraina: ucciso il capo della flotta russa del Mar Nero. Mosca parla di “danni minimi”

La flotta russa a Sebastopoli

KIEV – Gli ucraini sostengono di aver ucciso il comandante della flotta russa del Mar Nero, ammiraglio Viktor Sokolov, nell’attacco ucraino a Sebastopoli. Ora la conferma da parte del comando delle Operazioni Speciali. Non solo. Nell’edificio neoclassico del centro della città fondata da Caterina la Grande avrebbero trovato la morte 34 ufficiali mentre ben 105 “invasori” sarebbero rimasti feriti. E l’edificio in sé viene giudicato “irreparabile”.

Mano a mano che emergono nuovi dettagli è sempre più chiaro il livello del danno patito dai russi a Sebastopoli e, per contro, il successo messo a segno dagli ucraini, che evidentemente sapevano dove e quando e colpire; sempre secondo gli ucraini, l’attacco alla nave da sbarco Minsk, avvenuto a metà settembre, avrebbe spezzato via 62 marinai, già a bordo del vascello perché sarebbero dovuti partire il giorno successivo.

Naturalmente è impossibile verificare in modo indipendente queste informazioni – i russi parlano di un solo uomo disperso al comando della flotta e di danni “minimi” – ma se così fosse si tratterebbe di uno smacco atroce per il Cremlino. Mosca nella notte si è vendicata colpendo Odessa. A casaccio però. L’ondata di missili ha provocato due morti e un ferito, ha danneggiato “significativamente” le strutture del porto, un hotel abbandonato sul lungomare e un silos con 1.000 tonnellate di grano. In rete i canali filorussi pretendevano che l’albergo fosse in realtà un centro di comando dell’esercito ucraino ma persino alcuni profili legati alla propaganda hanno smentito la teoria. “Questo era il mio hotel”, ha scritto su X l’imprenditore Andrey Stavnitser. “Sognavo di costruire un bellissimo e moderno lungomare a Odessa. Come a tutti gli abitanti di qui, l’edificio non mi piaceva – un monumento alla sciatteria e al cattivo gusto – e sognavo di ristrutturarlo. Ma ricostruiremo tutto. E Odessa sarà bella come i russi non hanno mai potuto immaginare nei loro più terribili incubi”.

Il ministero della Difesa ucraino sui social media ha definito l’attacco alla città un “patetico tentativo di ritorsione” per il colpo messo a segno a Sebastopoli e l’ha classificato come “una violazione del diritto internazionale umanitario, poiché ha preso di mira sia le truppe che le infrastrutture civili, anche per la fornitura di energia elettrica”.

Stando all’Aeronautica militare, la Russia ha lanciato contro l’Ucraina 12 missili da crociera Kalibr, due missili antinave Onyx e 19 droni kamikaze. I bombardamenti sono poi proseguiti costanti nel resto delle zone del fronte mentre un drone ucraino ha attaccato l’aeroporto di Khalino, nella regione russa di Kursk. Ma dal punto di vista militare la notizia di giornata è senz’altro l’arrivo dei carri armati americani Abrams, benché non si sappia il loro numero preciso (gli Usa ne avevano promessi un trentina).

“Buone notizie. Gli Abrams sono già in Ucraina e si preparano a rafforzare le nostre brigate: sono grato ai nostri alleati per aver rispettato gli accordi, stiamo cercando nuovi contratti e ampliando la geografia delle forniture”, ha commentato il presidente Volodymyr Zelensky. A Ginevra, invece, le notizie sono pessime. Erik Mose, presidente della Commissione d’inchiesta sull’Ucraina, ha dichiarato al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite che il suo team ha raccolto ulteriori prove nel Kherson che indicano “un uso della tortura sistematico da parte delle forze armate russe nelle aree in precedenza sotto il loro controllo”. In alcuni casi le vittime “sono morte”, in altri i familiari sono stati costretti “a udire” le violenze sessuali ai danni dei loro cari. Mose ha affermato che i tentativi della Commissione di comunicare con Mosca sono rimasti senza risposta nonostante gli sia stata data l’opportunità di rispondere alle accuse durante l’udienza del Consiglio: “Nessun rappresentante russo ha partecipato”.

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