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Lavoro: manca un milione di addetti. Ma ci sono due milioni di disoccupati. Le figure professionali introvabili

Lana
Tessile (Foto d’archivio)

Il reddito di cittadinanza è praticamente scomparso, ma le aziende, in Italia, sono alla ricerca disperata di un milione di addetti. Perchè ricerca disperata? Semplice: devono rinunciare a una quota importante di ordinativi, visto che non hanno personale a sufficienza per evadere le commesse.

Le cifre cozzano, come rileva la Cgia (Associazione Artigiani e Piccole e imprese di Mestre): i disoccupati sono circa 2 milioni, di cui 800mila in età compresa fra i 15 e i 34 anni, eppure questo milione di posti lavoro pronto subito non si colma. Aziende sempre più in cerca di ingegneri elettronici e delle telecomunicazioni, medici e intonacatori, saldatori. Figure professionali che bramano avere ma non trovano.

La Cgia di Mestre ha presentato la periodica indagine Excelsior sugli imprenditori italiani dall’Unioncamere-Anpal in cui sono state elencate le prime 50 categorie professionali di difficile reperimento.

“Se i disoccupati in Italia sono poco meno di due milioni, di cui 800 mila circa in età compresa tra i 15 e i 34 anni, secondo il nostro Ministro del lavoro, invece,- fa notare la Cgia – sarebbero un milione i posti che le imprese non riescono a trovare. Sia chiaro, – rimarca la Cgia -non è una novità; nel nostro Paese da sempre la domanda e l’offerta faticano a incrociarsi. Non solo. Chi è alla ricerca di un’occupazione spesso presenta un deficit educativo e di esperienzia notevole rispetto alle abilità professionali richieste. Ma rimane il fatto che abbiamo ancora molte persone, soprattutto giovani, senza un’occupazione, mentre tante aziende, anche nel Mezzogiorno, sono costrette a rinunciare a una quota importante degli ordinativi, poiché non hanno le risorse umane sufficienti per far fronte a queste nuove commesse”.

“Un quadro preoccupante: tante famiglie continuano a rimanere in condizioni di fragilità economica e altrettante imprese, non potendo incrementare l’attività produttiva, non possono crescere dimensionalmente e creare nuova ricchezza da distribuire”, è la sottolineatura della Cgia.

Lo studio spiega come in Italia domanda e offerta stentino ad incontrarsi, non solo se si fa riferimento a quei lavori più qualificati come ingegneri e medici, ma anche a lavori più manuali come intonacatori e tappezzieri.

Il più delle volte, le persone che sono alla ricerca di un’occupazione spesso non hanno i requisiti giusti per soddisfare le richieste del mercato del lavoro dato per un deficit educativo o una scarsa esperienza per farsi valere in determinati comparti.

La fascia di popolazione che più soffre questa condizione sono i giovani. E il 21,7% è il tasso di disoccupazione giovanile. C’è un primo blocco in cui 8 casi su 10, gli imprenditori si devono arrendere con la loro ricerca di saldatori ad arco elettrico, medici di medicina generale, ingegneri elettronici/telecomunicazioni, intonacatori (che includono anche gli stuccatori, i decoratori e i cartongessisti) e dirigenti d’azienda di istituti scolastici privati e di strutture sanitarie private.

C’è un secondo blocco per cui 7 richieste imprenditoriali su 10 rimangono scoperte se ambiscono ad assumere i meccanici collaudatori, gli infermieri/ostetriche, i tecnici elettronici (installatore e manutentore hardware), i tappezzieri, i materassai, gli operai addetti a macchinari per la filatura e bobinatura, i saldatori, i tagliatori a fiamma, gli ingegneri elettronici, gli elettrotecnici e gli operai addetti ai telai meccanici per la tessitura e maglieria. A Nordest quasi un posto di lavoro su 2 rimane scoperto.

Se al Nord si cercano soprattutto camerieri, commessi e addetti alle pulizie, al Sud – fa notare la Cgia – la richiesta si concentra su muratori e, anche qui, su camerieri e commessi. Tra le quattro ripartizioni geografiche, invece, le maggiori difficoltà nel reperire i lavoratori dipendenti sono emerse a Nordest.

A Bolzano, infatti, nel 2022 si è registrata l’incidenza percentuale più alta pari al 52,5 per cento. Seguono Pordenone con il 52 per cento, Gorizia con il 48,8, Pavia con il 48,3, Trento con il 47,9, Udine con il 47,8, Bologna e Vicenza con il 47,7, Lecco con il 46,9 e Padova con il 46,8.

Sebbene il livello di disoccupazione nelle regioni del Sud si aggiri mediamente sul 15 per cento, anche in questa ripartizione un nuovo posto di lavoro su 3 ha rischiato di non essere coperto. Le punte più elevate, comunque si trovano a Chieti e L’Aquila con il 43,6 per cento, a Caltanissetta con il 40,5 per cento, Cagliari con il 39,2, Brindisi e Sassari con il 39, Siracusa con il 38,8, Isernia, Matera e Pescara con il 38,5, Benevento con il 38,1 e di seguito tutte le altre.


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Sandro Bennucci

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