Uccisa a Treviso: in carcere un uomo di 41 anni. Forti indizi di premeditazione
TREVISO – E’ stato arrestato il cittadino kosovaro sospettato di aver ucciso la giovane mamma, 27 anni, Vanessa Ballan, trovata a terra colpita da almeno sette coltellate al torace davanti alla porta di casa, in una villetta a Spineda, piccola frazione del comune trevigiano di Riese Pio X.
A ucciderla l’uomo che lei aveva denunciato per stalking ad ottobre, un cittadino kosovaro di 41 anni, Bujar Fandaj, che abita in un comune vicino, e che è stato arrestato nella tarda serata, a poca distanza dalla sua abitazione di Altivole (Treviso). I Carabinieri di Treviso avevano da subito avviato le ricerche per rintracciarlo, sotto la direzione della Procura di Treviso. Secondo la ricostruzione fatta dal marito della donna e da alcuni testi, Fandaj si era allontanato a piedi dal luogo del delitto.
Fandaj è stato condotto in carcere. Individuato nella tarda serata di ieri dai carabinieri a poca distanza dalla sua residenza, è stato sottoposto a fermo per omicidio aggravato e condotto in carcere questa mattina a Treviso dai militari dell’Arma.L’uomo non ha reso dichiarazioni.
“Ci sono elementi per contestare la premeditazione” nel delitto,ha affermato il procuratore capo di Treviso, Marco Martani, parlando con i giornalisti.Martani ha riferito che Fandaj aveva attivato una nuova utenza telefonica il giorno prima del delitto. “Si è avvicinato alla casa – ha aggiunto – con la bicicletta e non con la sua auto, probabilmente per non farsi riconoscere, e aveva un borsone dove aveva un martello, due coltelli, e altri attrezzi da scasso, con un coltello simile a quello che è stato trovato in cucina, e che è l’arma del delitto”.
“Ci sono indizi gravi di un pericolo di fuga insito nel suo comportamento dopo l’omicidio e indubbi elementi di pericolosità sociale, per il fatto e la ferocia con cui ha agito”, ha aggiunto il procuratore capo di Treviso. “Ci aveva telefonato ieri sera – ha raccontato Martani – intorno alle 21.00, ammettendo il fatto, e questo per noi ha valore confessorio. Aveva detto che si sarebbe costituito ai carabinieri di Riese, ma per noi era un tentativo di depistaggio. Aveva detto che si trovava nei campi lì intorno, ma era in una zona diversa. I carabinieri non hanno mai cessato di sorvegliare l’abitazione con una pattuglia in borghese, e si sono accorti del suo rientro a casa in ora notturna e lo hanno sottoposto a fermo. Non si è detto disponibile all’interrogatorio del pm, ed è stato associato alla casa circondariale”.
L’omicidio sarebbe avvenuto tra le 11.21 e le 11.47 di ieri, ha spiegato il procuratore, in base al traffico di messaggi Whatsapp tra la vittima e il compagno, Nicola Scapinello. Il secondo messaggio risulta non ricevuto né letto.
Alle ore 12.00 Scapinello è arrivato a casa e ha trovato Vanessa morta a terra. Già una prima volta, secondo quanto si è appreso, Bujar, incensurato, aveva tentato di accedere alla casa, scavalcando la recinzione, poche settimane fa.
“C’erano elementi forse per un pericolo di attività persecutoria e molesta, ma non per un divieto di avvicinamento” da parte di Bujar Fandaj nei confronti di Vanessa Ballan, ha sottolineato Martani. “Dopo una perquisizione eseguita nella sua abitazione dopo la querela, da parte di Fandaj non c’erano più stati episodi di molestie, di avvicinamenti o minacce”, ha aggiunto.“La valutazione fatta – ha concluso – era di non urgenza, cosa purtroppo che si è rivelata infondata”.
La relazione tra i due, ha riferito il magistrato, era nata nel 2022 “ma era stata troncata dalla donna a giugno – ha precisato -. La donna aveva tentato di nascondere le minacce al suo compagno, che però se n’è accorto, e l’ha aiutata e sostenuta nel presentare denuncia, il 26 ottobre scorso”.
“Le denunce da ‘codice rosso’ – ha spiegato Martani – vengono trattate dal magistrato di turno, che poi passa il fascicolo al magistrato del gruppo fasce deboli. In quel caso, nel giro di un giorno era stata fatta la perquisizione e passato il fascicolo al magistrato competente, il quale non aveva ritenuto ci fossero gli elementi per la richiesta di una misura cautelare, ma aveva deciso di approfondire le indagini chiedendo
i tabulati del telefono”.
Secondo Martani “l’unica misura che avrebbe potuto impedire l’aggressione sarebbe stata la custodia cautelare in carcere, un provvedimento per sostenere il quale non vi erano oggettivamente elementi sufficienti”.