Orban a Kiev invoca tregua subito: gelo di Zelensky. Putin va ad incontrare Xi
Vitkor Orban, il leader più filo-Putin dell’Ue ha invocato, a Kiev, ciò che nessun altro partner europeo aveva chiesto finora al leader ucraino, men che meno in casa sua: “Un cessate il fuoco immediato” per “accelerare i negoziati di pace” con la Russia. Praticamente senza precondizioni.
Zelensky, però, ha immediatamente chiarito che per Kiev può esserci solamente “una pace giusta”, senza alcuna concessione a Mosca, invitando piuttosto il leader magiaro a “unirsi agli sforzi” dell’Ucraina in questo senso. E all’indomani dell’avvio del semestre di presidenza ungherese dell’Ue, ha rilanciato l’appello affinché nulla cambi in Europa in termini di aiuti militari a Kiev: “È molto importante che il sostegno all’Ucraina rimanga ad un livello sufficiente, anche per quanto riguarda la nostra difesa dal terrore russo”.
Che tra i due leader non corresse buon sangue non è certo un segreto – emblematico in questo senso l’animato scambio di opinioni durante il vertice del Consiglio europeo a Bruxelles il 27 giugno. E con le parole usate a Kiev, Orban ha voluto evidentemente inviare un messaggio chiaro tanto ai colleghi europei quanto al leader ucraino, che solo 24 ore prima aveva detto di sperare che Budapest potesse “promuovere efficacemente i nostri valori, obiettivi e interessi condivisi europei”.
Quella che il premier ungherese mantiene rispetto agli altri 26 leader dell’Unione è una posizione ostinata e contraria su molti dei dossier legati all’Ucraina, essendosi sfilato anche dall’obbligo di sostegno militare nella Nato. Nel presentare la visita, Budapest aveva preannunciato che “l’argomento più importante in discussione” sarebbe stata “la possibilità di costruire la pace”. Nessuna traccia invece del tema nel resoconto di Zelensky su X, che ha parlato invece di colloqui su “questioni fondamentali delle nostre relazioni di vicinato: commercio, cooperazione transfrontaliera, infrastrutture, energia” e “sfera umanitaria”.
Da parte sua, il Cremlino ha minimizzato la visita del leader magiaro a Kiev, sottolineando di non avere “aspettative”: “Saranno le responsabilità nel contesto degli interessi di Bruxelles a prevalere”, secondo il portavoce Peskov, che ha assicurato che nessun colloquio si è tenuto tra Budapest e Mosca in vista del viaggio di Orban.
Il contatto è arrivato invece in serata tra il ministro degli Esteri ungherese Szijjarto e l’omologo russo Serghei Lavrov, anche sulla “crisi ucraina”, con un’attenzione al tema della tutela della minoranza ungherese che vive nel Paese invaso, ulteriore motivo di attrito tra Budapest e Kiev. Vladimir Putin prosegue intanto le sue manovre: dopo la tappa dei giorni scorsi a Pyongyang, lo zar è volato ad Astana dove prevede di incontrare Xi Jinping e il presidente turco Erdogan a margine del vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai.
Il presidente russo ha già chiarito quali sono i suoi punti fermi per un’eventuale pace con l’Ucraina: vuole cinque regioni e la rinuncia ucraina alle ambizioni di aderire alla Nato. Richieste irricevibili per Kiev, che con il passare dei mesi affronta una guerra sempre più difficile al fronte. Zelensky ha incassato un nuovo pacchetto di aiuti militari Usa del valore di 2,3 miliardi di dollari con armi anti-tank, intercettori, munizioni per Patriot e altri sistemi di difesa aerea. Ma i risultati di questi aiuti continuano a farsi attendere sul terreno, dove intanto Mosca rivendica villaggi e attacca città e strutture militari: il ministero della Difesa russo ha dichiarato di aver distrutto sette jet militari ucraini in un attacco missilistico sull’aeroporto di Myrhorod. Mentre Kiev aspetta ancora l’arrivo degli F-16, promessi per questa estate, ma non ancora arrivati.