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Meloni: “Preoccupata per il Libano. Con la Cina nuovo dialogo”. Stoccata a Conte. Informazione? “Mai censura”

Meloni e Xi (Foto Governo.it)

“Sono preoccupata per il Libano, non vorreidiventasse una polveriera capace di espoldere. E con la Cina essuna giravolta: la via della seta era una cosa, la stretta di mano con Xi un’altra. Ma soprattutto siamo stati chiari nel porre la questione del sostegno della Cina alla Russia provando a ragionare insieme su quali siano gli interessi che ciascuno ha. Penso che alla Cina non convenga sostenere la capacità industriale russa, mentre può giocare davvero un ruolo dirimente”.

Così la presidente del Consiglio Meloni dopo Pechino. Aggiungendo: ‘Il presidente Xi diceva ieri che la Cina lavora sempre per la convivenza pacifica tra i popoli, ecco mi piacerebbe che si facessero dei passi in questo senso’, ha aggiunto.

La premier è ‘molto preoccupata’ per la situazione in Libano e in contatto con gli alleati: ‘Bisogna dare messaggi di moderazione’. Contatti anche con la presidente della Commissione von der Leyen sulla nomina dei commissari. Secondo Meloni, occorre fare ‘una riflessione comune’ su quella che ha definito una ‘strumentalizzazione’ del report Ue sullo Stato di diritto.

Sulle deleghe per il commissario europeo italiano “sto parlando con Ursula von der Leyen, ma sono contatti in divenire, ovviamente”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni rispondendo alle domande della stampa italiana a Pechino. Per indicare “questi nomi abbiamo tempo fino al 30 agosto, è una delle cose le quali vorrei occuparmi appena rientro. Credo che su questo chiaramente bisogna fare anche una valutazione con i partiti della maggioranza, ma insomma, è una delle prime cose di cui mi occuperò al mio rientro”.

“Non vedo ripercussioni negative per l’Italia, non ritengo che i rapporti con la Commissione europea stiano peggiorando. Io e la Commissione europea abbiamo discusso” del report sullo stato di diritto “e del resto la lettera che io ho inviato non è una risposta alla Commissione europea o a un momento di frizione con la Commissione europea, è una riflessione comune sulla strumentalizzazione che è stata fatta di un documento tecnico nel quale mi corre l’obbligo di ricordare che gli accenti critici non sono della Commissione Europea”, ha chiarito Meloni ,interpellata sui rapporti con Bruxelles nel corso di un punto con la stampa italiana.

Nel rapporto, ha spiegato, “la Commissione Europea riporta accenti critici di alcuni portatori di interesse, diciamo stakeholder: il Domani, il Fatto Quotidiano, Repubblica… Però la Commissione europea non è il mio diretto interlocutore, ma chi strumentalizza quel rapporto che tra l’altro non dice niente di particolarmente nuovo rispetto agli anni precedenti, anche questo varrebbe la pena di ricordare”.

La governance Rai, ha ribadito, “è definita da una legge del 2015 che ha fatto il governo Renzi” e “dicono che ci sono delle intimidazioni alla stampa perché ci sono degli esponenti politici che querelano per diffamazione alcuni giornalisti ma non mi pare che in Italia vi sia una regola che dice che se tu hai una tessera da giornalista, che ho anche io in tasca, puoi liberamente diffamare qualcuno e dire che gli esponenti politici se avviano una causa per diffamazione stanno facendo azioni di intimidazione, vuol dire non avere neanche rispetto dell’indipendenza dei giudici. Viene ad esempio preso in considerazione anche alcune querele che ho fatto io, le ho fatte quando ero all’opposizione, non quando ero al governo. Capisco il tentativo di strumentalizzare, cioè conosco il tentativo di cercare il soccorso esterno da parte di una sinistra in Italia che evidentemente è molto dispiaciuta di non poter utilizzare per esempio il servizio pubblico come fosse una sezione di partito, però su questo non posso aiutare proprio perché credo nella libertà di informazione e di stampa”.

Sempre in tema di tv pubblica ha spiegato: “Sulle nomine bisognerà procedere anche perché si è dimessa anche la presidente, quindi è sicuramente una cosa da quale dobbiamo occuparci nelle prossime settimane. Sulla governance io sono assolutamente laica: non è una riforma che ho fatto io, non l’ho neanche particolarmente difesa, quindi se quelli che l’hanno scritta oggi dicono che è pessima, possiamo parlarne”. “Per quello che riguarda le ipotesi di privatizzazione – ha aggiunto – ho letto queste indiscrezioni, non so da dove siano uscite, non ho su questo niente da dire, posso solamente confermare rispetto a quello che ho letto, che mi è stato attribuito, che confermo di non avere bisogno di una Telemeloni, non ne ho bisogno, non mi interessa, non la voglio, se non i miei canali social che però segue semplicemente chi li vuole seguire”.

Poi si è soffermata sui rapporti con il governo cinese in occasione della sua visita e sui contenuti del colloquio con Xi Jinping: “Se con il primo ministro e con il presidente dell’Assemblea nazionale del Popolo Il tema è stato soprattutto di carattere bilaterale, con il presidente Xi Jinping il dibattito è stato più ampio e chiaramente ha coinvolto anche tutte le materie dell’agenda internazionale: è stato un confronto franco, trasparente, rispettoso, su tutte le materie sulle quali chiaramente la Cina rimane un interlocutore indispensabile”.

“Sicuramente noi siamo stati abbastanza chiari nel porre la questione” del sostegno della Cina alla Russia, “provando a ragionare insieme su quali siano gli interessi che ciascuno ha. Io penso che la Cina non abbia alcuna convenienza in questa fase a sostenere la capacità industriale russa, anche se come sappiamo non interviene direttamente, è evidente che questo crea una frizione perché lo abbiamo scritto in tutti i modi possibili e immaginabili e lo abbiamo ribadito e io spero che ci si renda conto che questa nazione può giocare veramente un ruolo dirimente. Il presidente Xi diceva ieri che la Cina lavora sempre per la convivenza pacifica tra i popoli, ecco mi piacerebbe che si facessero dei passi in questo senso”.

Sulla via della Seta, ha proseguito la presidente del Consiglio, “io capisco le difficoltà di Giuseppe Conte perché aveva promesso che con l’ingresso dell’Italia nella Via della Seta si sarebbe riequilibrata la bilancia commerciale” ma “nel 2022 quando siamo arrivati noi produceva un disavanzo per l’Italia di 41 miliardi di euro, quindi evidentemente non ha funzionato. Io ho sempre detto che non ero d’accordo con la Via della seta, che l’Italia secondo me avrebbe dovuto uscire dalla Via della seta e che questo non avrebbe compromesso i rapporti con la Cina. Non so dove stia la giravolta perché quello che ho dimostrato ancora una volta è che si possono fare le cose seriamente e con coerenza”.



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