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Forestale

Rifiuti pericolosi, sequestrata ex cava nel Mugello

La Forestale ha sequestrato l'ex cava di Paterno a Vaglia
La Forestale ha sequestrato l’ex cava di Paterno a Vaglia

FIRENZE – Uomini del Corpo Forestale e dell’Arpat, coordinati dalla Procura di Firenze, hanno eseguito 20 perquisizioni e vari sequestri nell’ambito di un’indagine partita in Provincia di Firenze ed estesa a Prato e Massa ed a Biella in Piemonte. Implicati 11 soggetti titolari di aziende e professionisti nel campo della consulenza ambientale.

Si tratta dell’Operazione «500», il nome deriva dal rifiuto trafficato definito «polverino 500 mesh». Un residuo di lavorazione che invece di essere correttamente smaltito veniva venduto come un sottoprodotto accompagnato da una scheda tecnica contenente informazioni non rispondenti alla vera natura e composizione del rifiuto.

Ottanta uomini hanno posto sotto sequestro cinque siti di stoccaggio a Massa Carrara, Firenze, Prato e Biella. Sono scattati i sigilli per la ex cava Paterno nel Mugello. All’attività ha collaborato personale dell’Agenzia delle Entrate. Sequestrate 5000 tonnellate di rifiuti.

L’indagine del Corpo Forestale di Firenze e dell’Arpat è partita dal ritrovamento di 1300 tonnellate di rifiuto contenute in grossi big bags stoccati all’interno di una cava dismessa nell’area del Mugello. Dopo una prima segnalazione alla Procura le indagini sono proseguite anche in altre province esaminando voluminose quantità di documentazione acquisita presso il sito di produzione del rifiuto. Dopo alcuni mesi è stato posto sotto sequestro un impianto di trattamento rifiuti in provincia di Massa Carrara. L’impianto recuperava sabbie provenienti da attività di taglio metalli, vetro e pietre nonché sabbiatura di metalli verniciati. Il rifiuto era costituito da sabbie finissime, con concentrazioni molto elevate di alcuni metalli pesanti (piombo, rame, nichel, cromo), risultato dello scarto del trattamento degli altri rifiuti.

Nell’ attività illecita erano coinvolti oltre ad aziende operanti nel settore dei rifiuti, anche imprese edili e di trasporto nonché professionisti che si sono prestati a favorire, con informazioni false, quello che è emerso nel corso delle indagini come un vero e proprio traffico organizzato di rifiuti. Un meccanismo che consentiva all’azienda produttrice sia di risparmiare, evitando i costi elevati di smaltimento, che di guadagnare vendendo il rifiuto a varie ditte sia in Toscana sia in Piemonte.

E’ stato stimato un guadagno illecito per circa un milione e duecentomila euro. L’importanza del risultato è costituita dal fatto che si è impedito di propagare nell’ambiente metalli pesanti che avrebbero potuto costituire un forte rischio per la salute umana.


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Massimiliano Mantiloni

Giornalista

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