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Alluvione a Valencia: 105 i morti. 120mila sfollati. Il governatore si difende dall’accusa di “mancata allerta”. Re Felipe: “L’allarme resta”

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Il dramma alluvione a Valencia (Foto Italpress)

VALENCIA (SPAGNA) – Vive momenti drammatici, la città di Valencia. l bilancio sale a 105 vittime, ma è destinato a crescere. Ben120.000 gli sfollati. Il governatore si difende dalle accuse sulla mancata allerta: ‘Avvisi già da domenica’. Re Felipe avverte: ‘L’allarme non è finito’, e il premier Sanchez mette in guardia: ‘Restate a casa’. Schierato l’esercito: ‘Cerchiamo casa per casa’.

Intorno auto accatastate in mezzo alla piazza, tavoli, sedie e suppellettili trascinati dalla furia dell’acqua in strade divenute fiumi di fango. Testimonianze di vita quotidiana annegate in metri di melma nera, cancellate dalla furia piovuta dal cielo. Il viaggio da Madrid ai paesi a nord della provincia di Valencia, la più colpita dalla peggiore inondazione del secolo in Spagna, è un pellegrinaggio al ground zero del dolore.

Arrivarci in auto, l’unica via possibile dopo che tutti i collegamenti ferroviari e aerei sono stati interrotti, è un complicato slalom fra le transenne della guardia civile che sbarrano l’autostrada A3 dalla capitale e le statali all’altezza di Albacete in Castilla-La Mancha, a sua volta messa in ginocchio dalla Dana e, già vicino Valencia, auto scaraventate sui guardrail dalla pioggia divenuta un fiume in piena.

“Non ho avuto mai tanta paura, con mamma e papà siamo rimasti bloccati a Alberic, l’acqua ci arrivava sopra le ginocchia e non c’era più luce. Ma io pensavo alla nonna sola ad Alcùdia, nella parte bassa del paese, ho temuto che fosse morta travolta dal fiume”, racconta Elena, 12 anni, che ormai ha solo la punta del naso pulita mentre spala il fango davanti al bar del papà Vicente, di fronte al Comune. “Una catastrofe così non si era mai vista, nemmeno nel 1982, quando il bacino di Tous straripò e si portò via mezza valle. Peggio anche dello straripamento del Turia nel 1954”, assicura Josep Bertinet, commerciante di 75 anni.

L’Alcùdia è uno dei primi paesini della Ribera Alta del Pais Valencia travolti dalla piena del fiume Magre nella tragica notte in cui si sono registrati fino a 170 litri di pioggia per metro quadro, quando 40 litri sono considerati piogge torrenziali. “Abbiamo avuto perdite, un’anziana e la figlia che l’ha soccorsa ed è rimasta con lei travolta dall’acqua e c’è un camionista disperso. Ora è il momento del dolore, ma poi verrà quello delle responsabilità”, dice Angels Boix, la vicesindaca.

“Qui il problema – spiega – non è stata tanto l’allarme rosso meteo per il quale eravamo preparati. Ma il fatto che il governo della Generalitat Velenciana, per la pressione dell’acqua, ha deciso di aprire il bacino Forata che alimenta il fiume Magre e il corso del fiume si è gonfiato ed è straripato, inondando tutti i paesi della zona”.

“Sono stati quelli i momenti più drammatici, perché nessuno ci aveva avvisati e non abbiamo avuto tempo di avvertire la popolazione”, aggiunge la vicesindaca. Alla vicina Carlet, lo tsunami d’acqua ha travolto il ponte di accesso al paese, lasciando il centro storico sotto metri di fango, in totale isolamento, senza luce o collegamenti telefonici. “La cosa positiva è che non abbiamo registrato danni personali”, dice la sindaco Laura Saez. “Anche se sarà impossibile quantificare quelli materiali”, aggiunge.

Drammatica la situazione a meno di 15 km di distanza, a Paiporta, nell’area metropolitana di Valencia, dove sono stati recuperati fra ammassi di detriti e pietre portare dallo tsunami di acqua almeno 40 cadaveri delle 95 vittime provocate dalle piogge torrenziali.

“Fra i morti c’erano bambini piccoli, ragazzi, soprattutto anziani, che sono quelli che abitano i piani bassi. E’ stata una delle tragedie più grandi”, dice la sindaca Maribel Alabat. “Valencia è una città mediterranea, non eravamo preparati a questo genere di eventi meteorologici così avversi”. La città del Tura, che si è gonfiato e ha minacciato di travolgere anche la periferia sud della città, ora piange i troppi morti portati al Palazzetto di Giustizia per l’identificazione, in molti casi possibile solo dopo gli esami del Dna.



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