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Assalto alla Sala stampa vaticana

Conclave, la corsa dei media verso il nuovo Papa

Assalto alla Sala stampa vaticana
Assalto alla Sala stampa vaticana

FIRENZE – Sono 3641 gli accrediti giornalistici fatti dalla sala stampa della Santa Sede per la fine del Pontificato e l’avvio della sede apostolica. Lo ha reso noto il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, citando i dati forniti dal responsabile accrediti, Angelo Scelzo. Gli accrediti sono stati concessi a 968 testate di 62 nazioni per 24 lingue diverse, e sono divisi tra stampa (336), fotografi (156), televisione (2470), radio (231) e web (115). Numeri che si aggiungono ai giornalisti accreditati, permanentemente, presso la Santa Sede.

E ancora reporters e media sono attesi per il momento in cui i 115 cardinali elettori si chiuderanno dentro le mura Vaticane e la cappella Sistina; l’inizio del vero Conclave.

Ricordo otto anni fa, alla morte di Giovanni Paolo II, vivevo ancora a New York, e le maggiori televisioni americane: NBC, CNN e Fox TV iniziarono a passare, ininterrottamente, le immagini di piazza San Pietro e della folla di fedeli che arrivava ad omaggiarne la salma. Il funerale del Papa, la bellissima commemorazione dell’allora cardinale Ratzinger scorrevano sullo schermo in tempo reale, tanto da far dimenticare che ci si trovava al di là dell’oceano, in una terra di tradizioni protestanti, sembrava di essere in Italia e vedere RAI I.

Ora accade lo stesso in molti altri paesi del mondo, ancora più lontani. Forse non trasmissioni che durano giornate intere per i maggiori eventi, ma la richiesta di notizie su quanto accade in Vaticano è aumentata, amplificata dalle dimissioni di Papa Benedetto e, bisogna ammetterlo, anche da noiosissimi pamphlet che hanno avuto successo negli ultimi anni.

Contrariamente a quanto si potrebbe credere, soprattutto a causa degli scandali sulla pedofilia, il numero dei fedeli alla Chiesa cattolica cresce ovunque. Secondo l’autorevole Istituto statunitense, Pew Institute religion survival, oggi i fedeli al cattolicesimo sono più che in ogni altro tempo. Il 2% in più anche nei paesi europei, per non parlare dell’Africa, + 21%, in Asia, +11%; una crescita costante negli ultimi 5 anni.

Tutto questo palcoscenico mediatico ha finito per mettere un po’ in crisi lo svolgersi dei normali riti di ogni periodo di Sede vacante. Tanto che, padre Lombardi, due giorni fa, ha dovuto alzar la voce con i cardinali USA per chiedergli di interrompere il loro briefing giornaliero con la stampa.

Ma la censura non cade per difetto dell’organizzatissimo, anche a livello di buona comunicazione, gruppo degli 11 cardinali statunitensi, che hanno parlato solo fino a dove potevano; la censura si è resa necessaria per il sempre meno buon gusto o vogliamo dire “deontologia professionale” dei signori dei media. Giornalisti italiani purtroppo in prima fila, tanto che verrebbe da dar ragione a Grillo.

Cercando la notizia a tutti i costi, si sono inventati di tutto. Nessun giornale escluso anche “nobili” testate. Nell’elenco degli obbrobri: interviste ad anonimi prelati, cioè a se stessi, è l’escamotage più diffuso; interviste ad altri giornalisti, contro tutte le regole professionali, e magari a giornalisti che non hanno mai fatto neppure i vaticanisti; poi ci sono i pezzi di quelli che sanno tutto, come se avessero partecipato a qualche giornata delle Congregazioni Generali pre-Conclave. C’è chi su questa linea, essere in posti dove è impossibile arrivare, e vale per tutti gli italiani, escluso solo Vittorio Messori, ha fatto fortuna già da tempo, scrivendo libri su segreti vaticani di cui non è a conoscenza. Se uno ha la forza di leggersi tutta la fuffa contenuta in certi faldoni, scopre che è l’autore del libro stesso a confessare tra le righe il difetto della sua fatica e ammettere che sono pure congetture.

Per questa volta è finita che la simpatica suora, Mary Anna Walsh, capo della comunicazione degli statunitensi, ha chiuso i battenti ai curiosi con un semplice comunicato che parla di “strumentalizzazioni”.

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