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Il ministro cerca l’amore, il Pd non trova nemmeno se stesso

Maria Elena Boschi il giorno del giuramento al Quirinale
Maria Elena Boschi il giorno del giuramento al Quirinale

Credo che la rassegna stampa di mercoledì 23 aprile 2014 sia lo specchio fedele della seconda Repubblica bis (quella attuale, con il terzo governo non eletto). Volete un assaggio? Il ministro per le riforme costituzionali e per i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, ci informa, attraverso una patinata intervista su uno dei maggiori mensili di moda, che desidera «molto trovare un compagno; sono single da un anno e la vita di coppia mi manca. Torno tardi dal lavoro, la casa è sempre vuota, sono lì da sola a bermi una tazza di latte e, magari, ho passato la giornata a discutere di emendamenti con uno dell’opposizione. Vorrei almeno trascorrere il mio tempo libero con qualcuno con cui sognare un futuro insieme».

Sembrano proprio importuni quelli dell’opposizione, con quei noiosi emendamenti. E proprio «uno dell’opposizione», il duro ex ministro leghista per le riforme istituzionali Roberto Calderoli, manda a dire che «invece di rilasciare interviste, il ministro Boschi venga in Commissione Affari Costituzionali». Insensibile.

D’altra parte, nel recente passato un altro settimanale italiano molto impegnato ha pubblicato le foto dell’attuale presidente del consiglio abbigliato come Fonzie, e successivamente ha ritenuto molto interessante informarci di aver ritrovato Trilly, la mamma di Dudù, il cane di un altro presidente del consiglio.

Davanti alle divisioni della maggioranza governativa in commissione lavoro della Camera, su alcuni aspetti del decreto lavoro, la rassegna stampa riporta due tipi di reazioni: una del presidente del consiglio e una del ministro del lavoro.

Il presidente del consiglio attacca i suoi alleati dicendo che «capisco che le Europee siano alle porte, ma non è possibile non risolvere l’emergenza disoccupazione». E troviamo rassicurante pensare ad un presidente del consiglio così disinteressato all’immagine televisiva ed alla visibilità mediatica, tutto teso a risolvere i problemi del Paese sfidando l’impopolarità persino alla vigilia delle elezioni europee.

Ma è il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, a sorprendere ancor di più. Preso atto che per far passare alla Camera il suo decreto lavoro non c’è alternativa all’imposizione della disciplina del voto di fiducia, il ministro si sarebbe sfogato con un ex ministro del lavoro (del centro-destra) dicendo: «Avete ragione, abbiamo ragione. Vorrà dire che cambieremo il testo al Senato».

Come?! Cambiare il testo in Senato? O non ci è stato detto dal Governo che il bicameralismo perfetto andava smontato in tutti i modi? Che il Senato non doveva pensare quasi più a nulla, e costare quasi più nulla? Che i parlamentari del PD, che pensano ad una riforma diversa del Senato «sono solo alla ricerca di visibilità»? Ora sarebbe lo stesso Governo a sperare di cambiare in Senato un testo legislativo che non riesce ad approvare come desidererebbe alla Camera per i dissidi interni alla sua maggioranza?

Tutto ciò avviene mentre il senatore Vannino Chiti, appartenente alla maggioranza di governo, non accontenta il Ministro Boschi (nemmeno lui): «Non ritiro il mio disegno di legge sulla riforma del Senato», si legge nella rassegna stampa odierna. Bello specchio, lo ripetiamo, di questa seconda Repubblica.


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Francesco Butini

Istituto di studi politici "Renato Branzi"

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