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Pensionati, la solidarietà coatta è incostituzionale. Una volta si chiamava carità: ora è un abuso

Il governo usa i pensionati come bancomat
Il governo usare ancora i pensionati come bancomat

A partire dai primi mesi dell’anno molti pensionati hanno trovato i loro assegni mensili falcidiati nel nome di una coatta solidarietà. Si, perché il Governo Renzi ha applicato nuovamente il contributo di solidarietà che, inventato dal non rimpianto Governo Monti, era stato dichiarato incostituzionale e eliminato già nel 2012. E gli enti previdenziali avevano dovuto restituire il maltolto ai cittadini rapinati.

PENSIONATI – Sembra che i Governi più recenti abbiano applicato la battuta di Ettore Petrolini: «A chi le tasse? Ai poveri, che sono tanti. A chi succhiare quattrini per ripianare il deficit statale? Ai pensionati, che sono tanti: 16,8 milioni. Con l’aggravante che vivono per conto loro, isolati. Non esiste la fabbrica dei pensionati. Non hanno rappresentanza. Puoi rapinarli: tanto, sono disarmati». È stata realizzata un’ulteriore selezione, sempre nell’ambito dei soli pensionati ed è stato applicato un balzello supplementare ai percettori di pensioni impropriamente definite d’oro (sopra i 90.000 euro lordi annui).

PRELIEVO – Cominciamo dalla definizione equivoca del prelievo. La solidarietà è una forma di generosità che il cittadino esercita volontariamente; non è una costrizione fiscale. Nell’Ottocento, la chiamavano «carità»; oggi l’ipocrisia del politicamente corretto la chiama «contributo di solidarietà», che viene contrabbandato come un sistema di «redistribuzione della ricchezza». Che si sostanzia però non in un prelievo proporzionale dai redditi di tutti, come sarebbe equo e giusto, per favorire i più poveri, ma in un prelievo nei confronti di pochi per intervenire in favore non di una generalità di soggetti in difficoltà, ma soltanto di una platea, seppur vasta, di soggetti già detentori di reddito.

DIRITTO – Non voglio sviluppare un ragionamento sociologico, ma esaminare la questione sotto il profilo del diritto e della salvaguardia dei diritti acquisiti. La legge di stabilità, approvata nel dicembre 2013, ripropone, in senso peggiorativo per i pensionati, le regole sul contributo di solidarietà approvate nel 2011 dal Governo Monti. In ambedue i casi si trattava e si tratta di un contributo imposto coattivamente per legge ai soli pensionati. Le disposizioni precedenti, che avevano introdotto il contributo, furono dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 116 del 2013. Poiché quelle attuali nella sostanza sono identiche, si tratta di verificare se la riproposizione di una stessa norma configuri adesso una nuova violazione del giudicato costituzionale. La risposta non può essere che positiva: la stessa Corte Costituzionale ha più volte stabilito (cfr. le sentenze nn. 73 del 1963, 88 del 1966, 223 del 1983, 922 del 1988, 350 del 2010 e 245 del 2012), che la sostanziale riproduzione di norme in precedenza dichiarate illegittime determina l’ulteriore violazione dell’art. 136 della Costituzione.

RETRIBUZIONE – Il contributo risulta inoltre illegittimo anche perché la stessa Corte ha ritenuto che il trattamento pensionistico ordinario ha natura di retribuzione differita (fra le altre sentenza n. 30 del 2004, ordinanza n. 166 del 2006). Per cui il maggior prelievo tributario rispetto ad altre categorie risulta con più evidenza discriminatorio, venendo esso a gravare su redditi ormai consolidati nel loro ammontare, collegati a prestazioni lavorative già rese da cittadini che hanno esaurito la loro vita lavorativa.

A giudizio non mio ma di illustri costituzionalisti, le norme applicate dal governo Renzi a danno delle pensioni impropriamente definite d’oro debbono ritenersi incostituzionali. Attendiamo che qualche soggetto colpito (in primis le categorie dei magistrati e dei dirigenti statali) presenti ricorso per aver conferma di quanto sostenuto.

EQUITÀ – Ma al di là della questione giuridica resta anche la grave violazione di un principio di equità all’interno della stessa categoria dei pensionati. Non è giusto colpire soltanto i lavoratori andati in quiescenza senza che vengano colpiti altri redditi da pensione o da vitalizio, in primis i vitalizi dei politici nazionali e locali. La legge, è vero, lo prevede, ma ancora non risulta che siano stati presi i provvedimenti attuativi. Tutti abbiamo deplorato le recenti vicende di sperperi e ruberie verificatesi in molti consigli regionali, le pensioni da 5.000 € al mese percepite a partire dall’età di 40 anni da chi aveva svolto le funzioni di consigliere in regioni a statuto speciale e si trova così a beneficiare per tutta la vita di una rendita, per la quale paga il prezzo maggiore non l’interessata, ma la collettività. Il Governo Monti, a partire dal 2012, aveva introdotto regole stringenti in merito a questi vitalizi, ma resta ancora molto da fare in materia. Caro Renzi, interveniamo decisamente su questi sprechi e su questi scandali, eliminiamo i privilegi della politicae poi chiediamo sacrifici anche a chi ha versato contributi salati per un’intera vita lavorativa. Nessuno rifiuta di venire in soccorso di chi si trova in difficoltà, ma è necessario che il conto non lo paghino sempre e soltanto i soliti noti.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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