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E dopo Bersani, si rafforza l’ipotesi Renzi

Nel primo vero giorno di consultazioni, la situazione politica non dà particolari certezze a Pierluigi Bersani su quale tipo di governo potrebbe riuscire a proporre alle Camere e prima ancora al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per convincerlo ad affidargli un vero incarico da premier e non una semplice “esplorazione” fra i partiti. Uno scenario prevedibile e previsto non solo dai commentatori politici romani e dalla maggioranza dei leader politici, ma anche da chi in questo momento ha il ruolo per “dare le carte”, il presidente Napolitano.

Deve essere stato per questo che – secondo rumors in arrivo da Roma e sempre più insistenti nelle ultime ore – Napolitano avrebbe già tutto pronto per un eventuale dopo Bersani. Nel caso in cui il leader Pd riuscisse a formare una chiara maggioranza avrebbe naturalmente la strada spianata, ma se la mano tesa del Pdl continuerà ad essere ignorata e allo stesso tempo le rincorse a Grillo, Lega o ad altre formazioni minori non dovessero portare al “magic number” in Senato allora non ci sarebbero “avventure” a Palazzo Madama.

Quale scenario dopo? Napolitano non concederà nuove elezioni prima di averle tentate tutte. E la seconda opzione l’avrebbe spiegata da tempo lo stesso Napolitano al premier uscente Mario Monti, utilizzato da mesi come longa manus per testare gli umori del mondo politico. Napolitano avrebbe in mano una rosa di nomi alternativa, in cui comparirebbe anche Matteo Renzi, persona politicamente adatta per tentare una santa alleanza Pd-centristi-Pdl non molto diversa da quella dell’ultimo anno. Infatti, Monti ha già convocato Renzi a Roma lo scorso 5 marzo in un colloquio dai contenuti ufficialmente oscuri, ma politicamente piuttosto palesi.

Napolitano, attraverso Monti, avrebbe dunque chiesto a Renzi di dare il proprio ok per un tentativo di premiership che si sta avvicinando sempre più dopo gli incagli incontrati da Bersani. Ma perché proprio Renzi? Innanzitutto, è un politico: avrebbe ministri politici e questo garantirebbe Napolitano (e il suo successore) dal non ripetersi di un progressivo allontanamento di Pd e Pdl dal governo come invece capitato con Monti. Poi è uomo democrat, ma assai lontano da Bersani (non è un caso che ormai snobbi ogni appuntamento formale di partito dove si prendono le decisioni sulla strategia da seguire) e allo stesso tempo ha avuto in più occasioni riconoscimenti dal leader Pdl Silvio Berlusconi (anche oltre il famoso pranzo di Arcore), tanto che a Palazzo Vecchio qualcuno lo continua a chiamare Piermatteo, come fosse una sorta di figlio politico di Berlusconi, dopo quello naturale Piersilvio. Naturalmente, in casa Pdl Renzi continua a essere visto come un avversario più che come un possibile alleato. E’ per questo che Berlusconi continua a preferire il dialogo con il più affidabile Bersani, del resto il sindaco non è certo noto per rispettare i patti con gli alleati politici.

Come non bastasse, nel piccolo mondo fiorentino, Renzi continua a fare shopping nelle forze elette con il centrodestra. Proprio ieri alcuni fuoriusciti da partiti centristi ed ex Pdl hanno formato un gruppo a suo sostegno. Ogni rosa, del resto, ha anche le sue spine. E Napolitano è immaginabile che sappia tenerle in considerazione: Renzi non ha alcuna esperienza politica nazionale (se si escludono le primarie, perse, con Bersani), finora gli è bastato “comunicare” sui media nazionali. Inoltre, da presidente della Provincia di Firenze prima e da sindaco dopo non si ricordano memorabili realizzazioni e anche guardando a un futuro da premier le ombre sui suoi desiderata non sarebbero poche, come dimostrano le continue oscillazioni su un argomento fondamentale come il patto di stabilità, o come l’intangibilità di promesse formulate in diretta televisiva, come quella del “Job act” (un piano per il lavoro), del quale anche i suoi più stretti collaboratori non ne hanno mai visto neanche una bozza.

Infine, il mantra ripetuto da ogni buon renziano: “Matteo non accetterebbe mai di arrivare a Palazzo Chigi con queste modalità, servirebbero nuove primarie, altre primarie non esistono”. Davvero? E’ solo tutta la vita che lavora per questa occasione. Sarà difficile che come un novello Mariotto Segni (che non accettò l’incarico nel ’93 per poi essere travolto dalle urne l’anno dopo) se la lasci scappare. Per il bene dell’Italia. O il suo.

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