Economia, crescita: Gran Bretagna, Stati uniti e anche la Spagna meglio dell’Italia
ROMA – I Paesi che hanno avviato le riforme e hanno già provveduto a cambiare i Governi, legittimati dal voto popolare e non soltanto dalla volontà di vecchi presidenti, stanno procedendo meglio dell’Italia nella via del risanamento.
SPAGNA – Prendiamo ad esempio la Spagna del premier (conservatore) Mariano Rajoy. Là il governo si prepara a rivedere al rialzo le previsioni di crescita del Pil e dell’occupazione sia per quest’anno sia per il prossimo. Nel progetto di legge finanziaria che sarà all’esame del consiglio dei ministri, viene valutato un nuovo quadro economico che aumenta le stime del Pil dall’attuale 1,2% all’1,5% nel 2014 e dall’1,8% al 2% nel 2015.
Per l’Italia, che è ancora su numeri negativi, e quindi in recessione, e che spera di passare sul terreno positivo non prima del 2015, questi sono numeri da sogno. Per onestà occorre precisare che a Madrid il rapporto deficit/Pil nel 2014 è attorno al 6%, e che queto fattore ha permesso un notevole stimolo alla crescita, cosa che all’Italia è impossibile. Quel 6% è un rapporto doppio rispetto al nostro Paese Italia che rispetta rigorosamente il vincolo europeo del 3%.
GRAN BRETAGNA – Nella Gran Bretagna, appena uscita dal pericolo del referendum separatista scozzese il governatore della Banca centrale, Mark Carney, ha detto che le prospettive dell’economia «sono molto migliorate», per cui «la normalizzazione dei tassi di interesse si avvicina». Questo significa che presto ricominceranno a salire, anche se Carney non ha posto scadenze. Nell’Eurozona ovviamente questo non succederà perché semmai il rischio è la deflazione, tanto che Draghi ha portato al minimo storico il tasso di riferimento per l’Eurozona.
USA – Infine negli Usa il dipartimento del Lavoro ha comunicato che nella settimana terminata il 20 settembre le richieste di sussidi di disoccupazione sono state 293 mila, cioè 12 mila in più rispetto al livello della settimana precedente ma meno di quelle che si aspettavano gli analisti.
Altrove dunque si sta operando per stimolare la crescita, attrarre gli investimenti, incentivare l’occupazione, soprattutto quella giovanile. Solo in Italia assistiamo a grandi annunci, sterili dibattiti fra forze politiche e sindacali, che non abbandonano posizioni ormai di retroguardia, e vediamo allontanarsi la locomotiva della ripresa, alla quale il nostro vagone resta debolmente attaccato. E speriamo che il gancio non si spezzi.