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Palazzo Strozzi, il cda della svolta e i numeri

Palazzo Strozzi ha un nuovo Consiglio di Amministrazione. Qualcuno l’ha già definito “il Cda della svolta”. E forse è vero. Si svolta quando si deve prendere un’altra strada, lasciando la vecchia per la nuova. E una svolta realmente ci vuole perché sono i numeri che la impongono, al di là delle dichiarazioni virgolettate, di quelle ad uso e consumo dei media (che in molti casi hanno alzato bandiera bianca sul ruolo di controllo nei confronti di una fondazione, le cui entrate per circa un terzo sono origine pubblica) e al di là degli studi di settori modellabili come la creta.

Per esempio il nuovo Consiglio di amministrazione della Fondazione Palazzo Strozzi dovrà controllare attentamente certe affermazioni destinate ai media (sempre noi!), perché possono diventare oggetto di riflessione e di critiche.

Nel comunicato di due giorni fa in cui si annunciavano le nomine dei componenti il nuovo Cda della Fondazione, a un certo punto si legge che, grazie all’opera della Fondazione, lo storico palazzo quattrocentesco sarebbe stato trasformato “da sobrio capolavoro dell’architettura rinascimentale, sede di tre istituzioni accademiche non che spazio espositivo temporaneo più grande della città, in un vitalissimo centro culturale, frequentato ogni anno da oltre 1.250.000 utenti”.

Le parole, al limite, possono essere anche accettate, ma i numeri no. Un milione e 250mila utenti rappresentano un numero che viene ampiamente contraddetto dalla “Dashbord” – la tabella riassuntiva dei numeri salienti relativi all’attività della Fondazione – consultabile sul sito web della stessa.

I visitatori totali di Palazzo Strozzi – o utenti, che dir si voglia – durante i primi 27 giorni del 2013 dalla “Dashboard” risultano 28.903. Anche raddoppiandoli, nell’arco dell’anno difficilmente supererebbero quota 700mila. ben lontani dalla cifra sbandierata di un milione e 250mila utenti; senza contare che, in mancanza di un “tornello” o di un qualsiasi altro strumento di misurazione validato in appropriate sedi, la misurazione degli utenti (diversamente dai visitatori delle mostre il cui numero è espressione dei biglietti staccati) è un dato che lascia margini di discussione.

Nella “Dashboard”, che dovrebbe quindi avere funzione di “trasparenza” della Fondazione, mancano le spese, quindi tanti calcoli sono preclusi; e in più non aiuta la scarsa concordanza tra i numeri diffusi ai media e quelli della “Dashboard”.

Per non parlare delle mostre. Più volte, su alcuni media, si è letto che le mostre di Palazzo Strozzi non hanno l’appeal che un simile luogo d’arte meriterebbe. Anche a questo il Cda della volta dovrà porre rimedio, a cominciare dall’indagine sulle cause di questo stato dell’arte. Colpa di una gestione scarsamente coraggiosa? Di allestimenti che certo non coadiuvano la leggibilità delle opere d’arte esposte? E’ lecito credere che ci sia di tutto un po’.

I visitatori della recente mostra sull’arte italiana degli anni Trenta, in piena epoca fascista, non hanno raggiunto la quota di 600 giornalieri: tanto per fare un raffronto, quella di Bronzino del 2010 superò abbondantemente quota mille, quella di Cézanne del 2007 arrivò a 1600.

E la mostra che si è appena inaugurata, dedicata alla Primavera del Rinascimento? Parte già con un handicap di oltre 2,2 milioni di costo, cifra molto elevata per i tempi che corrono. Propone dei pezzi molto interessanti ma presenta delle ingenuità: in taluni casi alcune opere – per lo più posizionate al centro delle grandi sale – hanno la propria didascalia sulle pareti dello stesso ambiente, spesso a diversi metri di distanza, e talvolta neanche le hostess di servizio riuscivano a districarsi in questa inutile “caccia al tesoro”, pardon, alla didascalia e esplicativa. Si tratta di un errore minimo, ma ammettere che ci sia una Fondazione che paga profumatamente i curatori di una mostra dalle grandi ambizioni, i quali commettono errori così banali, la dice lunga sulla gestione dell’intero comparto che si occupa delle esposizioni.

Il nuovo Cda che si è appena formato avrà a che fare quindi con i numeri, con i fatti che li generano e le conseguenze che provocano, anche alla luce dei progetti di Matteo Renzi. Intorno a Palazzo Strozzi, il sindaco – dopo aver sfrattato l’unica vera istituzione storica che vi opera, il Gabinetto Vieusseux – vorrebbe coagulare tutte le energie civiche di natura culturale. Le quali, per funzionare, avranno bisogno di persone (per funzionare) e di numeri (possibilmente positivi) per stare in piedi. Numeri veri, non di vetrina.

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