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Lavoro, governo Renzi: accordo Pd-Nuovo centro destra sull’articolo 18. Il rischio? Un diluvio di licenziamenti per motivi economici

Il ministro Poletti
Il ministro Poletti

ROMA -Dopo il passaggio in Commissione alla Camera e in attesa dell’arrivo in aula per l’approvazione, sul Jobs act molti rivendicano la vittoria: esulta Ncd, festeggia la minoranza Pd, o almeno parte di essa, e ovviamente rivendica il risultato Matteo Renzi. Sulla riforma del lavoro dunque sembra si sia trovata una soluzione, dal momento che l`emendamento presentato dal governo in qualche modo accontenta tutti. In quella norma si dice chiaramente che l`articolo 18 viene ulteriormente ridimensionato: il reintegro nel posto di lavoro resterà solo per i licenziamenti discriminatori e per quelli dovuti a motivi disciplinari che si rivelino ingiustificati, ma solo per ‘specifiche fattispecie’ che verranno definite con i decreti attuativi.

LICENZIAMENTI – Per i licenziamenti dovuti a motivi economici, invece, è previsto solo un indennizzo che sarà ‘certo e crescente con l`anzianità di servizio’. Proprio in quest`ultimo punto sta la differenza principale rispetto alla normativa attualmente in vigore, dal momento che la riforma Fornero del 2012 prevede ancora la possibilità del reintegro anche per i licenziamenti per motivi economici, anche se solo nei casi in cui vi sia una ‘manifesta insussistenza’ della ragione del licenziamento. Il rischio? Se la crisi dovesse continuare a lungo, la possibilità di licenziare per motivi economici potrebbe essere usata da non pochi imprenditori non necessariamente in difficoltà: infatti anche se il lavoratore licenziato potesse dimostrare che i motivi addotti non sono validi non verrebbe comunque reintegrato.

PD – Viene così recepita nella riforma la richiesta che era arrivata dalla direzione Pd lo scorso settembre e contro la quale si era schierata Ncd: il reintegro resterà per i licenziamenti disciplinari che si riveleranno infondati, ma appunto non per tutti solo per quelli che verranno definiti dai decreti attuativi. Lì, di fatto, si giocherà la vera partita: se le fattispecie previste saranno troppo ampie, la riforma assomiglierà molto alla normativa attuale, poiché molti lavoratori licenziati per motivi economici cercheranno di dimostrare che il provvedimento nasconde in realtà un licenziamento disciplinare ingiustificato. Per questo un po` tutti, al momento, possono festeggiare. Lo fa Renzi: «II Jobs act è un provvedimento che non toglie diritti, ma toglie solo alibi. Toglie alibi ai sindacati, toglie alibi alle imprese, toglie alibi ai politici». Maurizio Sacconi, Ncd, parla di «accordo rispettato».

CONTRO – Ma molti attaccano. Pippo Civati sposa la tesi di sacconi per contestare Renzi: «La montagna ha partorito un topolino, Sacconi festeggia, noi ci siamo “sacconizzati”». Stessa linea di Sel, che vede una vittoria di Ncd nella mediazione. Al contrario, il capogruppo Pd Roberto Speranza, uno dei registi della mediazione, parla di «passo avanti significativo» e Cesare Damiano, altro esponente della minoranza Pd, si dice «molto soddisfatto».

Protestano i partiti dell’opposizione, contrari alla riforma così come uscita dalla Commissione. Berlusconi ha affermato che si tratta di un provvedimento che non porterà nemmeno un posto di lavoro in più. Mentre Cgil e Uil e hanno già proclamato lo sciopero generale per il 12 dicembre. Ma il premier è intenzionato a tirare avanti.

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